Ladakh il paese degli alti valichi 
bandiere di preghiera nel vento dei cinquemila metri

Le case degli uomini

Kackha e packha

Città come Chamba o Leh, capitali di distretto come Kargil o Kaza, ma anche grossi borghi come Drass, Padum, Uttarkashi hanno rapidamente cambiato aspetto nel giro di pochi anni: sono sorti nuovi edifici amministrativi, grandi alberghi, abitazioni per i funzionari e per abitanti facoltosi. Queste costruzioni in mattoni e cemento, chiamate con il termine urdu di pacoa ed in hindi pacca (puckha house), si stanno rapidamente diffondendo lungo le grandistrade asfaltate. Chi deve costruirsi una casa usa i nuovi materiali edilizi, ma nelle vallette isolate gli edifici sono ancora quelli tradizionali detti in urdu kacha, costruiti con materiali semplici come legno, paglia, fango impastato a paglia, reperibili localmente. Si assiste così ad una mescolanza di stili architettonici degna del disordine urbanistico italiano: lunghi capannoni militari, alberghi con il tetto a chalet accanto a costruzioni che, se pur costruite con nuovi materiali, riprendono le linee dell'architettura tradizionale.
In linea di massima possiamo affermare che le valli sui versanti settentrionali dell'Himalaya le abitazioni seguono lo schema architettonico comune alle case tibetane con qualche differenziazione locale. Le case del Purig, simili a quelle del Baltistan, sono usualmente ad un solo piano e con una successione di stanze dove le prime, usate come stalla, filtrano e riscaldano l'aria con il calore animale, formando una barriera al freddo. Le case del <Ladakh>Ladakh sono in genere disposte su tre piani ed al loro interno hanno una planimetria che segue alcuni canoni fondamentali.
Nelle valli sul versante meridionale dell'Himàlaya il tetto è invece a spioventi, si nota un usono meno frequente della pietra che viene destinata a sorreggere gli angoli della casa. Gli infissi in legno sono pur sempre lavorati e raggiungendo anche notevoli livelli di artigianato come nelle case del Gaddheran.

Case tibetane

La grandezza dell'edificio varia non solo in base alla disponibilità economica del proprietario ma dipende anche dalla superficie edificabile disponibile (Le migliori descrizioni degli insediamenti himalayani sono offerte dalle ricerche etnogeografiche di Roero di Cortanze, Tucci e Dainelli, inoltratisi in Ladakh lungo la carovaniera proveniente da Srinagar). Nelle oasi dove il terreno coltivabile scarseggia, le case sono addossate le une alle altre, arroccandosi su spuntoni di roccia od appoggiando si sui pendii circostanti; diversa la situazione nelle grandi piane alluvionali dove gli edifici sono talvolta circondati da prati e da giardini ed aie. Costruite con materiali poveri, con un'armatura di pali e graticci e con i muri impastati con argilla solidificata dal sole, oppure realizzate in pietra mista ad argilla, le case rispecchiano un modello comune alle zone del Baltistan, del Ladakh, dello Spiti e del Tibet.
Le residenze più belle sono quelle dei mercanti o dei proprietari terrieri della capitale, le si può scorgere isolate nella pianura, circondate da una verde macchia di pioppi e salici. La forma è rettangolare e simmetrica, i muri sono tirati su alla perfezione, vengono intonacati e sono candidi di calce, si innalzano restringendosi verso l'alto in modo da conferire sveltezza all'edificio. La porta di ingresso, solitamente al centro della facciata, immette in un grande ambiente a piano terra, privo generalmente di finestre, che serve da magazzino e da stalla nella stagione invernale.
Al primo piano le finestrelle si aprono alte e sottili come feritoie, sono più ampie al secondo piano nel quale uno o più balconi sporgono dalla facciata, sormontati da un piccolo tettuccio. Il piano terminale è solitamente composto da un loggiato che gira su tre lati della casa delimitando una grande terrazza aperta sul davanti, ed esposta in genere verso meridione. Questo tetto è costruito con graticci di pioppo e con uno strato di argilla che lo rende impermeabile; su questa aia sopraelevata sono poste ad essiccare le riserve invernali di legumi e frutta. Ma la descrizione dell'aspetto esterno di una dimora tibetana non è completo se non si parla dei pochi dettagli ornamentali che la caratterizzano. L'orlo del tetto è delimitato da un cornicione sporgente costituito da una fascia continua di rami di ginepro sovrapposti in bell'ordine di traverso alla direzione dei muri e tutti dipinti di un rosso cupamente vinato.
Le finestre ed i balconi, i caratteristici rabsal, sono sormontati da un tettuccio sporgente fatto di serie sovrapposte di piccoli travetti variamente disposti in modo da formare un motivo ornamentale all'interno dei massicci infissi di legno. I vetri sono ormai diffusi ovunque ma si possono ancora trovare le carte di riso sulle finestre. Ed a tutto questo aggiungete i simboli spesso dipinti sui muri del pianterreno, quali la svastica (simbolo della forza solare), o l'albero (rappresentazione della prosperità della natura), e soprattutto i kenchira che si levano sul tetto, per lo più agli angoli, e che vibrano nella brezza diffondendo benefici e protezione sui campi circostanti. Nelle case più tradizionali si trova anche la bandiera di preghiera, appesa ad un palo infisso nel cortile od al centro della casa e che ricorda il principio buddhista dell'illuminazione e della realizzazione spirituale.
 
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