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Nòi Albinoi (DVD)

2003

Dagur Kari


Editeur - Casa editrice

Medusa Home Entertainment, 2004

Europa
Europa del Nord
Islanda


Grande Nord

Anno - Date de Parution

2003

Lingua - language - langue

italiano


Nòi Albinoi (DVD) Nòi Albinoi (DVD)  

Il diciassettenne Nòi vive in un fiordo remoto nel nord dell'Islanda che durante l'inverno è sepolto dalla neve e isolato dal mondo. Nòi sogna di fuggire da questa prigione insieme a Iris, una ragazza di città che lavora in un bar ma tutti i suoi maldestri tentativi falliscono miseramente. Un disastro naturale manderà in frantumi il suo universo ma gli aprirà uno spiraglio verso i suoi sogni.

Tullio Kezich (Il Corriere della Sera 29 novembre 2003)

Lo chiamano “l’albino Noi” ed è, a dir poco, un tipo a sé. Ha 17 anni, vive con la nonna, ha un padre ubriacone e a scuola nonostante l’alto quoziente d’intelligenza porta alla disperazione i professori e si fa cacciare dal preside. Si innamora di Iris, giovane benzinaia, e nell’assurda speranza di fuggire insieme improvvisa una rapina provocando un mezzo disastro. A un disastro completo provvede infine il destino.
Narrato così sembra l’ennesimo Bildungsroman, tra il grottesco e il tragico; ma la peculiarità dei film islandese Noi albinoi è di essere ambientato in un borgo sperduto fra le nevi eterne; e in un certo momento, come vedrete, sepolto in senso letterale da una valanga.
Proveniente da un Paese che non produce molto cinema e non ne esporta affatto, questo piccolo film passato attraverso vari festival internazionali e candidato all’Oscar si impone per forza, nitidezza e originalità. Nella sua recensione su Variety, Deborah Young ha scritto scherzando che il protagonista Tómas Lemarquis, calvo e spiritato, sembra la versione in carne e ossa dei Burt Simpson dei “cartoons”.
Ma è doveroso prendere atto che l’eccentrico interprete con buoni precedenti teatrali è un brillante diplomato del “Cours Simon” di Parigi; e che il coetaneo regista Dagur Kári, suo ex compagno di liceo, ha invece studiato cinema in Danimarca insieme con altri collaboratori dei film. I membri dei gruppo, insomma, hanno arricchito la loro professionalità con esperienze che li hanno condotti fuori dalla loro isola remota, alla quale tuttavia hanno fatto ritorno per raccontare una vicenda che in qualche modo ne rispecchia l’anima.
La peculiarità di Noi albinoi è proprio quella di proporsi come una vicenda da una parte universale, nel senso che potrebbe svolgersi ovunque, e dall’altra profondamente condizionata dall’ambiente. I dolori dei giovane Noi prendono risalto dagli invalicabili muri di ghiaccio che lo circondano, contro i quali a un certo punto il ragazzo spara illusorie fucilate forse con conseguenze sfioranti il rischio del suicidio. Si può anche intendere il tutto con una metafora dell’esigenza di rompere l’isolamento naturale dell’Islanda affidando alle onde dei cinema internazionale un film che appare come un messaggio nella bottiglia tra la provocazione e il fiero atto di presenza.

 



Recensione in lingua italiana

Desolazione alcoliche e nevose in Nòi Albinòi di Dagur Kàri, film senza ragion d'essere, almeno per lo spettatore italiano, ignaro delle conseguenze della perifericità islandese. I rari abitanti - la cantante Bjork è il più noto - dell'isola si sposano infatti da secoli fra loro (dal 1940, anche con i militari americani di base lì); ne deriva un'estenuazione genetica come quella di Nòi (Tómas Lemarquisj: senza madre, vive con la bislacca nonna paterna, che lo sveglia sparando fucilate la finestra; il padre guida il taxi e poi, un po' più ubriaco, canta il karaoke in sale di bar semi-deserte. Cacciato anche dalla pazientissima scuola professionale, il deviante Nói, ridottosi a scavare tombe nel suolo ghiacciato, tenta di rapinare la locale banca, quindi ruba un'auto per fuggire da un'isola artica a un'isola hawaiana con la sua bella (Elin Hansdòttir) di Reykjavik. Un indovino gli ha pronosticato: Solo morte intorno a te. E' la vendetta che il regista offre al suo alter ego, il protagonista: veder finire sotto una valanga quelli che non credevano in lui. Certo, è bene ricordare che la disperazione è all'estremo nord come all'estremo sud, ma sarebbe bene, girandovi un film, trarne spettacolo. Se Aki Kaurismaki ci riesce, Dagur Kàri no.
Da Il Giornale, 29 novembre 2003