Ladakh

il paese degli alti valichi 
di Marco Vasta
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Una alimentazione monotona e frugale

Autosufficiente, per quanto possibile, nella produzione di generi alimentari, la famiglia ladakha è frugale nei pasti. L’arte culinaria non è certo diffusa poiché la cucina è molto povera essendo basata su prodotti cerealicoli e su pochi vegetali: a parità di consumi potremmo individuare un parallelo nell’alimentazione delle nostre valli alpine nella prima metà del novecento, quando polenta e patate erano pane e companatico per migliaia di famiglie italiane.Le specialità che si possono assaggiare (e che si trovano nelle zone rurali e non certo nei ristoranti di Leh) sono gradite al palato dei vegetariani che amano i gusti piccanti, ma deludono il turista occidentale che apprezza di più la varia ed interessante cucina kashmira ed indiana.


Cucina tibetana e ladakha

La tsampa

La tsampa, farina di orzo tostato, è consumata in vari modi: con l’aggiunta di zucchero, di latte, di yogurt oppure, al posto del tea, si può usare il chhang, la bevanda alcolica locale.

La tsampa è altamente nutritiva e costituisce l’alimento base del pasto quotidiano. Viene servita anche da sola in polvere senza l’aggiunta di liquido ed allora si cerca di buttarla direttamente in bocca oppure la si impasta in grosse palle, ripassate nella farina fresca per impedirne l’essiccazione, e la si porta così nella bisaccia. È detta anche kolak questa variante della tsampa tibetana. Per prepararla si usa la farina d’orzo (manpey) che, una volta tostata, assume un vago sapore di nocciola. In Zanskar abbiamo la farina semplice (nampéy) e la shampéy (pr. sciampé) mista a farina di piselli.

Pane e biscotti

Tagi, il pane locale di farina bianca, variante del ciapati. Lo si prepara sul «tawa», disco di ferro leggermente concavo, che appoggia fra le pietre del fuoco da campo.

Il tagi khambir è un pane saporito che è cotto come il ciapati, ma viene insaporito impastandolo con lo yogurt. Nel corso di pranzi con numerosi ospiti vengono presentati in tavola i tagi taltak (regione di Lhe) che sono più grandi e più spessi dei pani normali. Inoltre nell’impasto si può introdurre il burro ed ecco i biscottini piccoli e rotondi come i mar-kur ed i mar tagi, saporite ciambelline al burro (mar) ricoperte di zucchero.

Gnocchi e ravioli

Skyu sono gnocchetti preparati con la pakpéy (farina bianca di grano), una piccola pressione del pollice li schiaccia rendendoli simili alle orecchiette pugliesi. I paba sono preparati con farina di orzo e piselli non tostati completamente, vengono cotti nell’acqua bollente e generalmente consumati con un condimento di burro e di legumi fritti che rendono più appetitoso questo enorme gnocco insipido. I momo (mokmok) una sorta di ravioli cotti a vapore e ripassati nel burro, ma appaiono in tavola solo come curiosità offerta all’ospite in quanto raramente preparati dalle massaie. In Zanskar sono considerati un piatto invernale.

La carne

Abitualmente non viene consumata: i buddhisti ed in special modo monaci e fedeli di rito gelug-pa si astengono dalla carne. I macellai sono generalmente musulmani poiché i Buddhisti rispettano ogni forma di vita e considerano l’abbattimento di un animale un crimine da scontare con un karma negativo, a meno che non sia veramente necessario. Lo sgozzamento di pecore e montoni è quindi un avvenimento raro nei villaggi, ma abituale nei trekking organizzati quando una capra segue il gruppo ed a metà percorso la si macella.

Sacrificio inutile, dopo questo crudele rito nessuno dei clienti ha più il coraggio di assaggiarne la carne, considerato inoltre che rapidamente diviene ricettacolo di uova di mosca, poiché il cuoco ed i suoi aiutanti la trasportano in un sacco legato alla sella di qualche cavallo.

I latticini ed il tea salato

Usando il latte vaccino o delle drimo, le donne ladakhe approntano un saporitissimo shoom-jo (yogurt), il mar (burro, ottimo quello dolce dello Zanskar) e lo chur-pèy (formaggio).

Il formaggio viene poi essiccato in piccolo cubi, spesso raccolti in una collana. In queste regioni, dove gli inverni sono lunghi e freddi, il burro costituisce l’alimento essenziale e viene consumato generalmente nel tea: i Ladakhi bevono infatti il tea detto tsa-ja (tib gurgur tchai). Preparato con semplici pentolini in corso di viaggio quello del tea diviene un rito quando è la padrona di casa che lo appronta per la famiglia e per gli ospiti: le foglie bollono a lungo in una marmitta di rame stagnato quindi il liquido ambrato è versato in una lunga zangola cilindrica di legno tenuta stretto da fasce di rame (purtroppo oggigiorno è fatto in... plastica) detto dongmo (ma anche gurgur), al tea si aggiunge quindi il burro di vacca o di drimo ed infine un pizzico di sale o soda. La mistura viene quindi agitata con il pestello in legno di questa preziosa zangola (serve talvolta anche per il burro) ed il gurgurtchai è pronto! Travasato in una brocca arabescata viene servito fumante nella vostra tazza.

Se vi piace il brodo di dado chiudete gli occhi e bevetelo, ma attenti! Ogni qualvolta la tazza è vuota subito sarà riempita e sarebbe offensivo non continuare a deglutire questa sostanziosa bevanda ricca di sali e di grassi!!! Il tea normale è detto tchai (pr. ciai), se zuccherato sol-tchai (sol-ja), il tea nero e forte nagp-tchai.

 

Alcuni | vocaboli ladakhi

VERBI

bere tung

mangiare zà’ (onor: don)

OGGETTI

coltello trii

cucchiaio turr-mangs’

forchetta gang-dra

piatto thaba

tavola chok-tse

tazza ko-re

bicchiere glaas

ALIMENTI

acqua potabile tung-chà

acqua tchà

albicocca nga-ri khambo

burro mar

carne di yak shià

carne di montone ra-sha

cibo kar-dgii

cipolla tsong

crema di burro ta-ra

distillato arak

farina bianca pek-pe

farina d’orzo nan-pey

farina tostata tsam-pa, ngam-pe

formaggio duro ciur-pe

grano to / do

latte o-ma

Limone (lime) gambura

mela ku-chu

orzo chi-rok

pane ta-gi

patata zho-kho

pesce gna

riso dass

sale tsha

salgemma gyamtsha

uovo go-nga

tea tchai

tea salato gur-gur-tchai

vegetali rTsod-ma

yogurt zho

zuppa tuk-pa

zucchero ka-ra

 

Alcolici: chang ed arak

I Ladakhi amano festeggiare ospiti ed amici con il chhang. È un liquido leggermente alcolico di fabbricazione artigianale che si ottiene facendo fermentare i cereali e che si può classificare come una via di mezzo fra la birra leggera ed il sidro fermentato. La preparazione è molto semplice, ma esistono vari metodi ed ogni regione himalayana ha il suo sistema.

La fabbricazione della birra è antica quanto la Bibbia, se non di più. Ancora oggi nei villaggi sperduti delle Ande e dell’Africa, la fermentazione della materia prima era opera degli enzimi contenuti nella saliva delle anziane del villaggio. I Ladakhi sono più progrediti ed usano come fermentante la phaph (in alcuni testi, marcha), una sorta di lievito di birra, conservato in solidi cubetti grandi quanto un biscotto.

Nel vicino Tibet è diffusa la tongba, cioè la birra di miglio fermentata, conosciuta anche dagli Assiri e dagli Egizi e come allora preparata e bevuta in bicchieri cilindrici dai quali è succhiata con una cannuccia che filtra le impurità. In Himàlaya si usa preparare il chhang ottenendolo da orzo, grano e riso fermentati. Un sistema di lavorazione consiste nel bollire il riso quindi scolarlo, disporlo su un canovaccio e cospargerlo di polvere di lievito di birra.

Dopo averlo lasciato, avvolto nel panno, all’interno di una pentola coperta per tre giorni, vi si versa sopra circa mezzo litro d’acqua per ogni chilo di riso. Si fa filtrare tutto con un canovaccio e poi lo si può servire quando è riposato e freddo. Un altro metodo, partendo dal miglio fermentato con l’aggiunta di farina, tiene il chhang a temperatura di 25° per tre giorni dentro una pentola per poi aggiungervi acqua calda. Il risultato è lievemente più aromatico, a seconda del tipo di farina usata, ma per gli stomachi più forti l’Himàlaya riserva l’arak, il distillato di chhang. Una vera bomba al sapore di petrolio!