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15/05/2024 12:07:28

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Viaggio in Armenia

Mandel'stam Osip Ėmil'evič


Editeur - Casa editrice

Adelphi

Asia
Medio Oriente
Armenia
Caucaso

Città - Town - Ville

Milano

Anno - Date de Parution

1988

Pagine - Pages

192

Lingua - language - langue

italiano

Edizione - Collana

Piccola biblioteca Adelphi

Curatore

Serena Vitale

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Viaggio in Armenia

Viaggio in Armenia Viaggio in Armenia  

Per Mandel’štam, il viaggio in Armenia, che durò per qualche mese del 1930, fu una discesa «negli stadi abissali del linguaggio»; là dove «vedere, udire, capire – tutti questi significati, un tempo, confluivano in un unico fascio semantico».
Così, in queste pagine, che si presentano con la sprezzatura di una stenografia diaristica, assistiamo al prodigio della continua geminazione delle immagini, a un ultimo convito dell’analogia, prima che il «nero velluto della notte sovietica» inghiotta il poeta. L’Armenia, «regno di pietre urlanti», divenne per lui il luogo di una primordiale fusione geologica fra il mondo cristiano-giudaico e quello ellenico, come dire fra le due lingue della sua poesia.
Questa edizione del Viaggio in Armenia si compone non solo del testo apparso in rivista nel 1933, ma dei «Taccuini» comparsi in America nel 1971, oltre che del ciclo di poesie Armenia e dell’articolo Intorno ai naturalisti, collegato al terz’ultimo capitolo del Viaggio.

 



Biografia

Considerato dal premio Nobel Josif Brodskij come “il più grande poeta russo del novecento”, Osip Mandel'štam nacque a Varsavia nel 1891 da una famiglia ebraica. Trascorse l'infanzia e l'adolescenza a San Pietroburgo, completando i propri studi alla Sorbona di Parigi e all'università di Heidelberg. Fu uno dei fondatori dell'acmeismo, avanguardia letteraria cui aderirono anche Anna Achmatova e Nikolaj Stepanovič Gumilëv.
Nel corso della sua esistenza, Mandel'štam pubblicò diverse raccolte di poesie (Kamen, Tristia), originalissime prose, alcune memorie e saggi letterari. Affascinato dall'Italia, per esporre la propria poetica scelse Dante, e al poeta toscano dedicò il celebre Discorso.
Nel 1933 scrisse l'Epigramma su Stalin, una poesia che criticava duramente il dittatore e il regime comunista. La poesia gli valse l'arresto, la deportazione e infine la condanna ai lavori forzati in un lager siberiano, dove morì probabilmente verso la fine del 1938.
Dopo la condanna da parte dei sovietici, la sua opera scomparve dalla circolazione pubblica.
La moglie Nadežda Mandel'štam (Saratov 1899 – Mosca 1980), sfuggita all'arresto, riuscì però a trafugare numerosi testi e a conservare gran parte delle poesie del marito imparandole a memoria.
Per descrivere la propria ordalia, negli anni '70 pubblicò due libri di memorie (L'epoca e i lupi e Le mie memorie), che costituiscono una delle più lucide rappresentazioni dei meccanismi di funzionamento del terrore stalinista. Con la precisione del riferimento alla vita quotidiana, la scrittrice ha spiegato come siano stati possibili l'incarceramento, la deportazione e l'assassinio di milioni di persone, nella sostanziale indifferenza (o complicità) di chi veniva risparmiato. I suoi scritti costituiscono il nucleo portante della sceneggiatura.