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06/07/2025 02:37:02

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Racconto delle cose meravigliose d'Oriente

Relatio de mirabilibus orietalium Tatarorum

Odorico da Pordenone


Editeur - Casa editrice

EMP

Asia
Asia Centrale
Mongolia


Anno - Date de Parution

2018

Pagine - Pages

112

Titolo originale

Racconto delle cose meravigliose d'Oriente - Relatio de mirabilibus orietalium Tatarorum

Lingua originale

Lingua - language - langue

Italiano

Edizione - Collana

In cammino

Traduttore

Luigi Dal Lago

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Racconto delle cose meravigliose d'Oriente - Relatio de mirabilibus orietalium Tatarorum

Racconto delle cose meravigliose d'Oriente Racconto delle cose meravigliose d'Oriente  

La "Relatio de mirabilibus orietalium Tatarorum" è la narrazione del viaggio in Asia di Odorico da Pordenone scritta nel 1330. È una delle prime descrizioni dell'Estremo Oriente medievale. Ebbe un immediato successo in tutta Europa visti i numerosissimi manoscritti conservati in latino, italiano, francese, tedesco, castigliano e gallese. Nel 2016 Annalia Marchisio ha curato la prima edizione critica del testo latino della "Relatio", basandosi sull'analisi dell'intera tradizione manoscritta e la ricostruzione della complessa storia del testo. Quella che presentiamo è la prima traduzione in lingua italiana tratta da questa edizione critica.

Scrive Antonio Attisani:
Odorico partì per il Catai nel 1318 senza credenziali ufficiali da parte delle autorità ecclesiastiche. Questa anomalia e l'assenza di informazioni certe sul suo viaggio hanno dato origine a diverse teorie, tra cui quella che fosse in missione segreta per indagare sui monaci dissidenti che si erano insediati presso i Mongoli, forse lo stesso Giovanni da Montecorvino (di cui, stranamente, Odorico non dice mai nulla). Non si può escludere che, come per molti dei suoi predecessori e successori, il suo compito fosse quello di stabilire buoni rapporti con i Mongoli per stringere un'alleanza contro il nemico comune, l'Islam espansionista. Il monaco partì per l'Oriente durante la pax mongolica, quando i viaggiatori utilizzavano anche la nuova Via Tartara oltre all'antica Via della Seta. Questa rotta attraversava l'India, paese in cui il gruppo di monaci soggiornò a lungo. Dopo 15 anni di viaggi iniziati quando non era più giovane, Odorico tornò in patria. A Padova, esausto e temendo una morte imminente, raccontò le sue memorie al confratello Guglielmo da Solagna. Non rimane traccia del suo primo Memoriale in italiano, ma esso costituì la prima delle due matrici per le edizioni successive. L'anno successivo, il 1331, una trascrizione in buon latino fu effettuata da Enrico da Glatz presso la Santa Sede di Avignone. Questa relatio è la seconda matrice delle edizioni successive, tutte arricchite da glosse e aggiunte, tutte con una forte propensione per il lato allegorico dell'itinerarius (o peregrinatio) o per il motivo dell'incontro tra magia e orrore. Lo stato degli studi su Odorico rimane ancora oggi «a dir poco imbarazzante» (G.C. Testa in Odorico 1988, 13); non esiste ancora un'edizione critica che tenga conto almeno dei 90 manoscritti e dei 24 codici esistenti.
L'edizione citata è la più nota, ma è anche quella più lontana dall'originale, quasi come la versione rinascimentale realizzata da G. Ramusio sulla base di una fonte analoga. Questa edizione, datata 1513, si deve all'iniziativa dell'«umanista eccentrico» (come definito da L. Monaco, ibid., 21) Pontico Virunio, a cui si unì per l'occasione il celebre stampatore Gershom Soncino. Un unico esemplare è conservato nella Biblioteca Palatina di Parma. Il manoscritto a cui fa riferimento questa edizione, opera di un certo Francesco Olivieri da Jesi, non è mai stato rintracciato e i curatori della ristampa citata ipotizzano che si trattasse già di un «ampio riordinamento» del Memoriale (ibid., 28). Con il passare del tempo e il mutare del contesto culturale, il significato del testo di Odorico viene modificato dai suoi editori da un resoconto di viaggio – in gran parte trasfigurato in allegoria – a una salvezza dell'anima, trasformandosi in un catalogo di curiosità, sconvolgendo così il progetto originale. Se il testo di Odorico non enfatizzava le descrizioni generali dell’ambiente per rafforzare il discorso religioso (ad esempio la presenza e l’azione sui francescani non erano sminuite dal potere imperiale, anzi sembravano compenetrarsi), la versione cinquecentesca rafforza tutte le caratteristiche dell’Altro, omologandole in un panopticon dell’esotico (si pensi ad esempio agli animali, inizialmente interpretati secondo la simbologia medievale, e poi inseriti nelle liste dei contrafacti).

 


Recensione in altra lingua (English):

Odorico set out for Catai in 1318 without official credentials by the ecclesiastic authorities. This anomaly and the absence of sure information about his trip have given rise to a number of theories, among them that he was on a secret mission to investigate on the dissident monks who had settled with the Mongols, possibly Giovanni da Montecorvino himself (of whom, strangely enough, Odorico never says anything). We cannot rule out the possibility that, as for many of his predecessors and successors, his task was to establish good terms with the Mongols in order to make an alliance against the mutual enemy, expansionist Islam. The monk left for the East during the pax mongolica, when travellers also used the new Tartar Road in addition to the old Silk Road. This route cut across India, a country in which the group of monks spent a long time.
After 15 years of travels begun when he was no longer young, Odorico went back to his country. In Padua,
exhausted and fearing an imminent death, he told his memoirs to his brother Guglielmo da Solagna. No traces remain of his first Memoriale in Italian, but it constituted the first of the two matrixes for the subsequent editions. The next year, 1331, a transcription in good Latin was made by Enrico da Glatz from the Holy See in Avignon. This relatio is the second matrix of subsequent editions, all enriched by glosses and additions, all with a heavy bent on the allegoric side of the itinerarius (or peregrinatio) or on the motif of the encounter of magic and horror. The state of studies on Odorico remains «embarassing to say the least» to this day (G.C. Testa in Odorico 1988, 13); there is still no critical edition
taking account at least of the existing 90 manuscripts and 24 codices. The edition cited is the best known one, but it is also the one farthest from the original, almost like the Renaissance version made by G. Ramusio on the basis of a similar source. This edition, dated 1513, is due to the initiative of the «excentric humanist» (as defined by L. Monaco, ibid., 21) Pontico Virunio, joined for the occasion by the famous printer Gershom Soncino. A single copy is preserved in the Biblioteca Palatina in Parma. The manuscript this edition refers to, by a Francesco Olivieri da Jesi, has never been traced and the editors of the cited reprint surmise that it already was an «extensive rearrangement» of the Memorial (ibid., 28). With the passage of time and the change of cultural context the meaning of Odorico’s text is changed by his publishers from a travelogue—largely transfigured into allegory—to a salvation of the soul and it becomes a catalogue of curiosities thus messing up the original plan. If Odorico’s text did not emphasize general environment descriptions in order to reinforce religious discussion (for instance the presence and action on the Franciscans were not diminished by imperial power, nay they even seemed to compenetrate), the 16th-century version reinforces all the characteristics of the Other, homologating them into a panopticon of the exotic (just think of animals for instance, initially interpreted according to the Medieval symbolism, and then placed in the lists of contrafacti).