la gher (yurta)

Da una ricerca di Andrea Orsenigo

Mongolia ]

 

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La gher (yurt in turco, yurta in russo) è la tradizionale abitazione della popolazione nomade mongola (almeno dal 3.000 a.C. secondo gli antropologi). Ha una struttura molto particolare ed unica nel suo genere.

Il suo spazio interno è governato, da ruoli e regole di comportamento precise Alla sua struttura fa riferimento anche la visione cosmologica più affine allo sciamanesimo. È anche il luogo per accogliere l’amico o lo sconosciuto che vi passa vicino.

Costruita per resistere agli impetuosi venti della steppa e per proteggere dalla pioggia e dal freddo pungente dell’interminabile inverno centro-asiatico, quando le temperature scendono per mesi e mesi ben al di sotto dello zero, la gher non solo è tra le tende più antiche in uso ancor oggi, ma è anche un perfetto esempio di bio-architettura, un capolavoro di design, un piccolo prodigio di tecnica e di funzionalità.

Per costruirla i mongoli utilizzano materiali ricavabili dagli animali – feltro e cuoio – gli unici a loro disposizione in buone quantità. Addirittura il legno è usato con moderazione e solo se indispensabile, in quanto gli alberi in alcune zone sono pochi e dispersi.

Bianca, lunare e di forma circolare, il suo candore, visibile anche da lontano, rompe qua e là l’affascinante vastità delle praterie mongole.

Qualsiasi viaggiatore che sia passato per questi luoghi ne ha avuto a che fare e ne ha memoria.

A destra, yurta al Muztag Ata (mv©198)

 

Da Erodoto, che già ne parla nel 400 a.C. nelle sue Storie, fino a Moravia, che racconta del suo viaggio nel Paese asiatico in un reportage del 1976.

Ma la gher è anche vitale, efficiente, robusta e soprattutto trasportabile, una caratteristica essenziale per chi non concepisce neppure lontanamente l’idea di costruirsi una dimora fissa, e necessita di qualcosa che possa essere spostato e trasportato, in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento ( è smontabile e montabile in meno di 2 ore!).

La sua struttura, (clicca sulla immagine per ingrandire) leggera e resistente, è costituita da una grata circolare in legno di salice (hana), divisa in due sezioni tenute assieme da lacci di cuoio e irrobustite con tre giri di corda legati nel mezzo, in basso e in alto. La grata fa da perimetro e da punto di appoggio per i pali di sostegno della cupola (detti uni). Questi, disposti a raggiera, si collegano a loro volta ad un anello (toono, ovvero camino) posto nella sommità della tenda e sorretto da due colonne centrali in legno riccamente intarsiato e dipinto con colori vivaci. Il punto più alto della gher raggiunge i tre metri circa.

Il design gher mongola si integra con la cultura buddista. La corona toono adotta la forma di Dharmachakra, la ruota della lege ad otto raggi. L'antico stile toono, oggi diffuso nelle yurte dell'Asia centrale, viene chiamato in Mongolia "sarkhinag toono", mentre il toono rappresentando il Dharmachakra buddhista si chiama "khorlo" (tibetano འཀོར་ ལོ ་.) toono. Anche le forme, i colori e gli ornamenti in legno del toono, colonne e pali della yurta mongola sono in accordo con lo stile artistico che vediamo nei monasteri buddhisti della Mongolia. Tali yurte sono chiamati "uyangiin ger" - che letteralmente significa "casa del testo" o "casa di melodie".

Lo scheletro di legno, viene poi interamente coperto da uno o più strati (a seconda della stagione) di pesante feltro di pura lana e da una pelle impermeabile; il tutto è fissato alla struttura con lacci di cuoio (clicca sulla immagine per ingrandire). L’ultimo strato, quello più esterno, è costituito dal caratteristico telo bianco, a volte impreziosito con ricami colorati. Anche il toono, da cui fuoriesce il tubo-camino del focolare interno, è coperto da un feltro (detto urkh), che viene tenuto aperto di giorno per far circolare l’aria e chiuso di notte per trattenere il calore. L’apertura centrale non solo garantisce il ricambio dell’aria, fa penetrare la luce e risulta di beneficio nei periodi caldi dell’anno, ma funge anche da orologio solare: i raggi, penetrando all’interno, illuminano progressivamente punti diversi, segnando così le ore del giorno. La porta(khalga), la cui cornice costituisce la parte più massiccia e decorata di tutta la gher, è in legno e sempre rivolta a sud.

Non c’è nessun tirante o cavo esterno! L’ingegnosa tecnica di costruzione fa si che la gher, pur essendo una tenda, si mantenga ben salda ed eretta senza ancoraggi al terreno, anche in caso di tempeste o di forte vento. Pur nella sua semplicità ed essenzialità, la gher al suo interno offre tepore e comodità.

Al centro è posta la stufa di ghisa: focolare, camino e cucina insieme. La custodia della fiamma è affidata al figlio minore, l’otgon (nome che deriva dalla parola turca per il fuoco), che nella tradizione mongola è generalmente l’erede delle sostanze paterne ed è anche responsabile del reperimento del combustibile, l’argal, ovvero lo sterco degli animali secco, che nel nord del paese, dove sono presenti le foreste, viene affiancato dalla legna. In realtà ad occuparsi del fuoco sono poi le donne, che lo accendono la mattina presto e lo alimentano durante il giorno per cucinare e scaldare l’abitazione.

Quando fa caldo, è sufficiente tirare un po’ su i bordi del telo (sulla sommità), per creare subito una leggera corrente d’aria in grado di rinfrescare meglio di un condizionatore. Che dire… un’altra bella lezione di ecologia! Sul lato sinistro ci sono i letti degli uomini e degli ospiti, mentre a destra il letto coniugale e quelli delle donne.

Il pavimento è ricoperto di feltri e tappeti, di cui uno rosso riservato agli ospiti.

Tutti i mobili (cassapanche, letti, sgabelli e tavolino, un guardaroba, una dispensa e un piccolo altare con immagini buddhiste) sono prevalentemente di color arancione, arricchiti con decorazioni e variopinti disegni simbolici. Gli oggetti sacri della famiglia si trovano sul lato opposto dell’entrata.

In una gher nulla è casuale, ognuno ha il suo ruolo e ogni cosa ha un significato, un riferimento sacro. La posizione degli arredi segue regole legate alla simbologia religiosa e chi entra deve rispettare una serie di rituali e un’etichetta dettagliata e precisa.

"Gurvger" by The original uploader was Adagio at English Wikipedia

 

Dice un proverbio mongolo: “Se bevi l’acqua di una terra straniera, devi berne anche le tradizioni”.

Mai calpestare volontariamente lo stipite della porta d’ingresso. Porta sfortuna. Se però ci inciampi accidentalmente è buon segno. Anche bussare è vietato. Indica un’esitazione da parte del visitatore, e, di conseguenza, costituisce un’offesa agli ospiti, come se non fossero degni di accoglierlo.

Gli uomini, una volta entrati, si dispongono a oriente (il lato sinistro) e le donne a occidente (il lato destro). Il capo famiglia si siede a nord, le persone importanti si siedono a nord-ovest ed i bambini a sud.

Sono banditi gli oggetti nefasti, come armi, coltelli, ma anche utensili da scavo (ricordano la sepoltura) e le pentole senza coperchio, secondo i mongoli ideali per trafugare la felicità familiare.

È d’obbligo accettare tutto! Se viene offerto del cibo (con il braccio destro, sorretto dalla mano sinistra all’altezza del gomito) va accettato sempre con entrambe le mani e gustato con entusiasmo, che si tratti di carne grassa di pecora, di formaggio essiccato, vodka o airag (latte di cavalla fermentato).

Rifiutarlo o non assaggiarlo offenderebbe la famiglia. Se qualcuno offre la propria tabacchiera, va accettata prendendola con la mano destra. A chi non piace il tabacco da fiuto, deve almeno fare il gesto di odorare la parte superiore della scatola.

Per essere considerato un ospite ben educato meglio evitare di fare troppe domande e di appoggiarti ai pali di sostegno. Non voltare le spalle ad un altare o a un oggetto religioso(tranne quando stai andando via). Prima di uscire, è d’ obbligo: percorrere un giro in senso orario attorno alla stufa posta al centro della gher, ricambiare l’ospitalità con un regalo, fare nuovamente attenzione a non urtare lo stipite della porticina di legno. Urtarlo significherebbe portar fuori la buona sorte e per rimediare saresti costretto a rientrare.

Anche la struttura della tenda è legata a credenze religiose e richiama antichi simbolismi cosmici. L’apertura centrale, che durante la notte viene chiusa per impedire l’accesso degli spiriti maligni, simboleggia la finestra sull’universo. Da essa si protendono i raggi che formano il tetto ovvero la volta celeste. I feltri e i tappeti sul terreno, quadrati o rettangolari, rimandano alla Terra, che nel simbolismo orientale è rappresentata appunto con un quadrato. Tra i due estremi, cielo e terra, si svolge la vita degli uomini.

Soggiornare qualche giorno nella gher è anche l’occasione giusta per allontanarsi dalla frenesia del vivere moderno, per riscoprire il piacere dell’essenziale, per ritrovare un dimenticato senso di serenità e di libertà, e per riavvicinarsi a uno stile di vita semplice, in contatto con la natura e con la popolazione locale, gente socievole, ospitale, tranquilla e tollerante.

La gher gioca un ruolo importantissimo nel dar forma al carattere dei mongoli. Le sue dimensioni limitate costringono infatti a condividere ogni cosa e a lavorare insieme, incoraggiando la pazienza e rafforzando i legami familiari.

Un modo di vivere che si può condividere e sperimentare , almeno in parte, durante il soggiorno nella gher.

 

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