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Campo - Matendush

Domenica
30 dicembre 1990

Su
Milano - Roma - Algeri
Algeri - Djanet
Djanet - Anou Aerard
A.A.- dopo Thakhakour
campo - Teshuinat
Teshuinat - campo
campo - Uadi Guilalen
Campo - Matendush
Campo - dopo Ubari
Campo - Anou Aerard
Campo - Uadi In Djaren
dentro Uadi In Djaren
Tadrart - Tiskà
Tiskà - Djanet - Roma
Roma - Milano

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Campo.

Riprende il trasferimento verso il Mathendush. Puntiamo verso nord-nordest. Alla nostra sinistra il Messak Mellet ed alla destra si profilano le dune dell'Erg Menzuq (Edeyen Murzuch - vedi Guida Libia on line) alle quali ogni tanto ci avviciniamo fino ad un centinaio di metri.

La pista è segnalata da tubi che sporgono dal terreno pr circa trenta centimetri. Anche qui non comprendiamo se sono balise o reti di trivellazioni. Ogni tanto incontriamo copertoni di grandi dimensioni e resti di campi.

Entriamo in una distesa di sassi nerastri che formano il Messak Settafet (vedi guida Libia on line), la regione nera.

Poi Abu lascia le tracce della pista di prospezione e punta dritto verso nord. la macchian sobbalza sui sassi del Messak.

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Incrociamo il Uadi Barjuji.

Problema toponomastico: su alcune carte tutta la zona è denominata Uadi, Ouadi, Wadi, Uidian Bergiug (Barjuji, Berjug). su altre carte figurano laghi stagionali in prossimità dell'Erg Menzuq. Sulla mappa del libro Castiglioni-Negro il wadi Bergiug è il tratto ad est del tratto denominato Matendush.

Ora la pista risulta essere tracciata con il bulldozer. Incrociamo altre piste che portano chissà dove.

Abu frena e ci affacciamo su un piccolo canyon largo una quarantina di metri e profondo forse una decina! Sorprendente! L'hammada del Messak sembrava completamente piatta con solo lievi ondulazioni del terreno.

Abu torna indietro perché questa non sarebbe la nostra méta. Ci spostiamo di qualche chilometri verso oriente (est) portandoci nuovamente sul ciglio del canyon.

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Resti di campo indicano che questa dovrebbe essere la nostra méta. sosta pranzo e poi scendiamo per facile sentiero.

Solo a posteriori, dopo aver consultato a casa il Castiglioni Negro di cui avevamo con noi solo alcune pagine) riusciremo ad identificare la nostra posizione.

Il volume che sto citando Fiumi di pietra (leggi scheda) è fondamentale ma sarebbe bene ricordare che otto anni fa:

Nel nov./dicemb. 1982 una spedizione di due Iveco non ufficiale patrocinata dalla Fiat, L'Espresso, Ciba Geigy e Enervit Protein penetrò in Libia senza invito -Come vedi l'invito non è solo cosa di oggi - inoltrandosi nei 250 km dell'area del Bergiug /Mathendusc nel sud della Libia tagliando per l'Erg Ubari uscendone indisturbata per altra via .

La cosa fu possibile proprio grazie all'uso dei primi satellitari e di imponenti mezzi tecnici/finanziari. la missione rilevò, muovendosi autonomamente, gran parte dei siti rupestri, eseguendone oltre 250 calchi con una particolare resina fornita dalla Ciba spalmata sui graffiti che portarono via facilmente in Italia senza alcun permesso .

Rientrati in Italia, la missione fu sbandierata come un grande successo,sia per la difficoltà sia per la novità assoluta e con i calchi fu organizzata una mostra al festival dei due mondi di Spoleto l'anno successivo anche qui con dovizia di fondi.

Oltre ad anticipare e vanificare il lavoro delle regolari missioni archeologiche libiche ed estere la spedizione entrava dalla finestra quandi vi era una porta. Andare nella zona non era poi così difficile. quanto piuttosto una questione di disponibilità di tempo e mezzi. Io stesso all'epoca andavo con altri residenti da Tripoli nel Mathendusc con una 4L usando l'asfalto e piste fino al campo base situato dove vi sono i gatti mammoni scoperti e studiati dal Frobenius e dal Barth. Poi si girava a piedi con il mitico Gharnafuda, amenokal della zona. Ma la cosa più imbarazzante fu il circolare di mezzi per oltre un mese senza essere notati e controllati che venne preso molto a male dalle varie autorità chiamate in causa, dai militari ai controllori delle Antichità,ecc.. con il risultato che molti persero il posto e la stessa ricerca di Fabrizio Mori,che non si sa per quale motivo venne sospettato,forse perché si trovava in zona quasi contemporaneamente anche se non ci incontrammo con i Castiglioni, infatti ero insieme a lui e alla Lupacciolu, fu sospesa per oltre dieci anni. Il danno d'immagine fu notevole, i libici pretesero e ottennero la restituzione dei calchi e multe salate furono pagate dagli sponsor. E' da allora che scattarono i primi divieti per tutti. Quando si dice che la zona è un museo, anche se a cielo aperto, non si capisce perché debba essere intesa e gestita diversamente da un nomale museo europeo . Ovviamente del fatto ne approfittarono missioni di altri paesi, oggi saldamente presenti sul posto con ampie concessioni di scavo.

Essendo residente a Tripoli ho seguito tutta la storia dalla A alla Z, collaborando con le parti in causa e recandomi più volte con i libici per controllare i danni subiti dall'applicazione della resina. Spero ti basti, non vorrei che saltasse fuori qualcun altro a dire " Ma chi l'ha detto che....

fonte: utente GFCLY  Forum Sahara.it

 

Probabilmente siamo alla confluenza fra il Uadi Tilizzaghen (che scende circa da nord) ed il Uadi Aramas che proviene dalla nostra sinistra (circa ovest). Alla nostra destra, verso est, i due uuadi formano un corso unico con la stazione di In Abeter. Il uadi prosegue verso oriente e viene denominato Matendush e poi Berjug.

Risaliamo a piedi il uadi Tilizzaghen camminando per circa un chilometro finché sulla destra (sinistra orografica) troviamo il sito definito da Negro Tilizzaghen.

Nel 2002 inizieremo a camminare dalla stazione di In Gualguien.

Nella visita del 1997 non saliremo a Tilizzaghen ma ci incammineremo verso Matendush.

Tornati indietro risaliamo alle Toyota e ci spostiamo di una decina di chilometri verso est seguendo la pista e poi dirigendoci di un chilometro a nord.

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Arriviamo al luogo che più di ogni altro ha colpito la mia fantasia in questo viaggio.

Le Toyota possono scendere la sponda sud del Matendusch e ci accompagnano proprio sotto la parete sinistra orografica. Qui faremo il campo presso alcune acacie (occhio alle spine). Oggigiorno è vietato campeggiare, grazie al cielo, ma alloro non pensavamo che il Matendush sarebbe diventata una méta per turisti che giungeranno qui senza neppure sapere dove sono.

Ci scateniamo risalendo il fiume verso est. È un susseguirsi di sorprese passando dalle stazioni di Matendush b al Matendush f.

L'emozione raggiunge il suo apice quando incontriamo i gatti mammoni. Poi fonte di stupore è il coccodrillo con piccolo.

A sera, mentre i falò intiepidiscono la notte, la fantasia corre nel tempo. Le fiamme sembrano animare e rendere danzanti gli animali. La luna piena, la luna dell'equinozio d'inverno, rammenta esoteriche iniziazioni di quegli antichissimi popoli cacciatori.

Mansur è ospite alla cerimonia serale del wiskey (che ormai viene razionato). Ci perdiamo in storie libiche ed in dote dissertazioni archeologiche paleosahariane.

Manu (Manuela in Squizzato) si appropria «manu militari» della cucina e ci prepara un'ottima minestra di spinaci con crostini.

Giornata di sole. Finalmente Francesca collabora filtrando acqua per le bottiglie di aranciata che iniziamo a consumare.

       
 

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