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08/10/2024 16:52:08

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Un mondo di stranieri

Gordimer Nadine


Editeur - Casa editrice

Feltrinelli

Africa
Africa del Sud
Sud Africa


Città - Town - Ville

Milano

Anno - Date de Parution

1995

Pagine - Pages

336

Lingua - language - langue

italiano

Edizione - Collana

Universale economica

Ristampa - Réédition - Reprint

Feltrinelli Universale Economica

Traduttore

Guarnascelli M.


Un mondo di stranieri Un mondo di stranieri  

Assieme a Doris Lessing, Nadine Gordimer è l'altra voce femminile bianca della letteratura sudafricana che ci narra le incertezze e i tormenti, le ipocrisie e le tragedie di quella società. Toby Hood, il protagonista di Un mondo di stranieri, è un inglese che si confronta col mondo dei bianchi (gli “stranieri”) di Johannesburg, un giovane intellettuale pieno di disponibilità e di voglia di vivere: "Voglio vedere la gente che mi interessa e mi diverte, nera, bianca e di qualsiasi colore. Voglio preoccuparmi io delle mie relazioni personali con gli uomini e le donne che incontro e mandare al diavolo le astrazioni della razza e della politica...". Ma la società dei bianchi non glielo permette. Un suo amico nero, Steven, viene ucciso dalla polizia; una avvocatessa nera - uno dei più bei personaggi del romanzo - gli chiarisce le idee; e un altro giovane nero, Sam, gli dirà, quando alla fine deve rientrare in patria e promette di tornare: "Chi può saperlo?... Chi può saperlo con voialtri, Toby?" Nadine Gordimer descrive una società razzista, quella da cui proviene, con sensibilità immune da pregiudizi, rifiutando di appiattire con l'ideologia la sua ricca materia. Con questo splendido romanzo, essa dimostra che i volti del male e dell'arroganza hanno una varietà d'espressione infinita per chi abbia il coraggio di sopportarne l'atroce vista.

 



Biografia

Gordimer Nadine

Nadine Gordimer, nata nel Transvaal nel 1923, con Doris Lessing è l'altra voce femminile di lingua inglese della letteratura sudafricana.
Vivere in Sudafrica ha significato per lei vivere in una società divisa: l'unico contatto che i bianchi avevano con i neri era quello con il personale domestico e con i fattorini.
I suoi genitori avevano un negozio in città e quindi preferivano tenersi lontani dalla politica e tenerne lontani i figli.
Già da molto piccola, per incoraggiamento della madre, leggeva molto e questo, unito alla sua curiosità, l'ha spinta a riflettere su quanto la circondava.
Così Gordimer capì che cosa volesse dire razzismo e ingiustizia: aveva accompagnato sua madre ad acquistare delle lenzuola in un negozio in città; il commesso mostrava ad entrambe differenti qualità di tessuti che loro esaminavano e toccavano più volte.
C'era nel negozio un altro cliente, nero; costui doveva segnalare con un dito quello che gli interessava, ma non poteva toccare alcun tessuto. Naturalmente il suo denaro, quello sì, veniva accettato senza scrupoli. Gordimer cominciò a chiedersi chi fosse quella gente che le sembrava così straniera.
Capì che in realtà la straniera era lei; essi erano africani, mentre lei rappresentava la prima generazione della sua famiglia nata lì.
Cominciò a scrivere. Si recava in treno a Johannesburg, dove seguiva alcuni corsi all'Università. A un certo numero di studenti neri era permesso frequentare l'Università: velocemente si rese conto che aveva più punti in comune con quei giovani che con i bianchi della sua città natale.
Aveva fame di idee, ma non aveva con chi scambiarle. Conobbe anche musicisti, giornalisti e aspiranti scrittori neri.
Pochi anni dopo si trasferì a Johannesburg e tramite quei contatti cominciò ad impegnarsi nella politica, nell'African National Congress (ANC).
Nella narrativa è stata un'autodidatta, si è formata su Cechov e Proust. È autrice di romanzi, racconti, saggi. I suoi primi romanzi: Un mondo di stranieri, 1958; il protagonista di questo romanzo, Toby Hood, è un giovane intellettuale inglese che vorrebbe confrontarsi con il mondo dei bianchi - gli stranieri - di Johannesburg, al di là delle costrizioni della razza e della politica. Seguono Qualcosa là fuori, e Occasione d'amore del 1963. Anche quest'ultimo è ambientato nell'esplosiva realtà del Sud Africa.
Attorno a Tom e Jessie, tipici rappresentanti della borghesia anglosassone di Johannesburg, s'intrecciano vicende che non possono prescindere dalla realtà della segregazione razziale.
La storia di Ann, contagiata dall'entusiasmo un po' missionario di Jessie e innamorata di un giovane artista di colore, si specchia in altre storie collaterali, in diverse "occasioni d'amore" che subiscono condizionamenti e frustrazioni: è in gioco "l'integrità dei rapporti personali contro le distorsioni delle leggi e della società". Altri romanzi: Il defunto mondo borghese (1966), Un ospite d'onore (1971), Una forza della natura, Il mondo tardoborghese, Storia di mio figlio, Il salto, Il conservatore (1974).
La figlia di Burger del 1979, è ambientata nel clima di feroce lotta politica del Sud Africa degli anni settanta. La storia è ispirata alla vicenda di un famoso avvocato afrikaner costretto alla clandestinità per il suo impegno contro l'apartheid; segue la lenta maturazione politica ed esistenziale di sua figlia, Rosa Burger.
La morte del padre Lionel - da sempre in lotta per la libertà dei neri - la trasforma definitivamente nella "figlia di Burger".
Attraverso la presa di coscienza di questa nuova identità, Rosa sarà costretta non solo a fare i conti con la sua vita privata, ma anche a modificare il rapporto con il suo paese.
Il libro, messo al bando poco dopo la pubblicazione, ottenne in seguito un prestigioso premio letterario sudafricano.
E poi ancora: Luglio (1981), e Una forza della natura (1987) in cui la protagonista Hillela è una donna bianca tutta votata alla sua utopistica causa. Storia di mio figlio è del 1991, anno in cui le è stato assegnato il premio Nobel per la letteratura.
Del 1993 è invece Nessuno al mio fianco, dedicato al tema del ritorno degli esuli nel Sudafrica del dopo apartheid.
Fra le raccolte di novelle: A faccia a faccia del 1949, La voce soave del serpente
del 1953, I compagni di Livingstone del 1972, e Qualcosa là fuori del 1985 (dieci racconti che si distaccano dal tema abituale dello scontro socio-politico per addentrarsi nel mondo privato dei sentimenti e del rapporto di coppia).
Nei suoi romanzi e racconti, caratterizzati da una notevole analisi psicologica, ha espresso la rivolta contro la politica razzista sudafricana, descrivendo le devastazioni e i conflitti morali che essa ha suscitato nella popolazione bianca e nera del suo paese, senza cadere in un riduttivo manicheismo o in un facile patetismo.
Ricordiamo anche le raccolte di saggi Vivere nell'interregno e Scrivere ed essere- Lezioni di poetica del 1995. Non è vero che c'è un tempo per vivere e un tempo per scrivere, dice Gordimer, ci sono nazioni, periodi storici, situazioni politiche in cui la letteratura ferisce chi la fa e chi la legge.
Che ne è delle più raffinate teorie sulla letteratura quando queste sono messe in pratica in contesti sociali ad altissima temperatura conflittuale?
Qui la rappresentazione letteraria serve a contestare la realtà e a dare voce all' utopia contro i crimini del potere.
Gli episodi impressionanti, le riflessioni e le analisi critiche dedicate a Naghib Mahfuz, Chinua Achebe, Amos Oz e alla propria opera mostrano quanto può costare caro scrivere e vivere oggi in Egitto, Nigeria, Israele - e in Sudafrica prima dell'avvento della democrazia.
Il volume raccoglie le Norton Lectures tenute da Gordimer nel 1994 ad Harvard, il prestigioso appuntamento annuale al quale sono stati invitati Italo Calvino, Umberto Eco e Luciano Berio; in appendice presenta il discorso pronunciato in occasione del conferimento del premio Nobel nel 1991 e un saggio su Joseph Roth.
Nel 1999 è uscito in Italia, per la Feltrinelli, il suo ultimo romanzo Un'arma in casa (The House Gun). Come in tutti i suoi libri, la realtà del nuovo Sudafrica è filtrata attraverso una particolare lente d'ingrandimento, la psicologia di vite umane a confronto: una coppia di bianchi della medio-alta borghesia il cui figlio è arrestato per omicidio, un avvocato nero di nuova generazione, una comunità gay, una giovane donna autodistruttiva.
L'idea che sta alla base di Un'arma in casa è quella della responsabilità implicita in un rapporto d'amore: fino a che punto ci si può spingere per aiutare l'altro? Se tuo figlio commette un omicidio a sangue freddo come puoi scusarlo? Come devi agire?
A questo si aggiunge la considerazione che nulla di ciò che accade ad un essere umano accade nel vuoto; come in una legge del contrappasso nel libro il brillante avvocato nero Hamilton Motsamai esercita un'influenza decisiva sul destino di Duncan (l'omicida) e su quello dei suoi genitori.
I bianchi hanno sempre avuto tutti i privilegi. Sono stati i padroni, quelli che decidevano, per tantissimo tempo. Mano a mano che la società si muove verso una maggiore giustizia sociale, dovranno perdere qualcosa. Dovranno arrivare a confrontarsi con una situazione in cui il dirigente di una fabbrica sia nero.
Gordimer non avrebbe mai pensato che nella sua vita sarebbe riuscita a vedere la fine del tunnel.
Nel 1994, con le prime elezioni libere, il Sudafrica è uscito dal regime segregazionista; ma il suo compito di scrittrice impegnata non è finito.
L'apartheid ha lasciato una pesante eredità: violenza, distorsioni psicologiche. Il compito dello scrittore nella nuova realtà del Sudafrica è lo stesso di prima: raccontare la verità come la si percepisce.
Nel far questo bisogna cercare di essere onesti con se stessi, di non essere prevenuti. La verità è qualche cosa di enorme; non riusciamo mai ad arrivare a tutta la verità, possiamo solo tentare di capirne dei tratti.
Nel gennaio 2000 esce l'ultimo libro di Nadine Gordimer: Vivere nella speranza e nella storia, una raccolta di tredici saggi in cui l'autrice approfondisce i temi che più l'hanno appassionata, dal travagliato percorso sociale e politico compiuto dal Sudafrica negli ultimi quaranta anni, ai suoi scrittori, ai momenti che hanno scandito la storia tragica dell'ultimo secolo.
I saggi ripercorrono anche i suoi incontri con alcuni autori contemporanei, da Joseph Roth a Nagib Mahfuz, da Günter Grass a Leopold Senghor, con un'attenzione particolare a Kenzaburo Oe, il Nobel giapponese con cui la Gordimer ha tenuto un fitto scambio epistolare.
Scritte in tempi diversi, le sue pagine finiscono per comporre una sorta di testamento spirituale per i contemporanei. Uno dei compiti dello scrittore, dice Salman Rushdie citato nell'epigrafe, è dire l'indicibile, fare domande difficili.

Incontro con Nadine Gordimer: «La bellezza degli uomini neri è superiore»
di Rory Carroll, tratto da “Il Corriere della Sera”, 25 maggio 2003


Johannesburg - E' un altro pomeriggio torrido a Johannesburg e il viale a tre corsie è immobile, silenzioso e vuoto. La casa senza campanello è di Nadine Gordimer, scrittrice, premio Nobel per la letteratura. Il suo cane percepisce una presenza al di là del muro e i latrati fanno comparire un giardiniere al cancello, che dopo qualche incertezza mi fa entrare. Nadine Gordimer molto tempo fa fu definita il simbolo della coscienza irrequieta dei bianchi in Sudafrica e oggi - l'apartheid ormai un ricordo e la scrittrice che si avvicina all'ottantesimo compleanno - è questo ciò che rimane: un simbolo.
Della donna, però, si sa poco.
La figura agile e snella, i lisci capelli argentati che incorniciano un viso senza trucco e inaspettatamente giovanile. La severità è attenuata dagli orecchini d'oro e da due anelli. Siede diritta sul divano, prendendo una breve pausa prima di rispondere a ogni domanda.
C'è un libro nuovo da promuovere. I lavori più noti della Gordimer ( Un mondo di stranieri , Un ospite d’onore , Luglio , tra gli altri) furono scritti durante l'apartheid e analizzavano le sfumature dei rapporti razziali con prosa asciutta. Loot ("Bottino"), dieci racconti che saranno pubblicati il mese prossimo in Europa, è stato scritto in anni recenti e guarda altrove. Il racconto che dà il titolo alla raccolta descrive una comunità costiera che scende sul fondo dell'Oceano dopo che un terremoto ha fatto arretrare il mare, lasciando allo scoperto relitti di navi, candelieri, monete, una poltrona da dentista, televisori: il bottino. E ossa umane dei dissidenti politici uccisi e buttati in acqua dal regime innominato. Il mare torna ruggendo, travolge tutto, compresi i raccoglitori di bottino. "Viene da una cosa vera che ho visto. Mi trovavo in Cile, nella zona dove c'era stato questo terremoto. Mi raccontarono questa cosa straordinaria, che il mare si era ritirato e che lì c'erano tutte quelle cose affascinanti". Potrebbe anche essere una metafora per gli scrittori che hanno saccheggiato gli orrori e le ambiguità del Sudafrica, per restare poi arenati alla caduta del dominio della minoranza bianca?
"Perché parlavamo dell'apartheid?", dice Nadine Gordimer. "Il bottino di uno scrittore, come di un pittore, di certo è composto dai temi che vengono dalla vita attorno a te". Dal 1994 è destino degli scrittori sudafricani sentirsi domandare cosa sia loro rimasto da dire. "E’ una questione che viene sempre posta: cosa scriverai adesso che la vita si è fermata perché è cessato l'apartheid. Ma non è così: i problemi sono tanti nel nuovo Sudafrica, quanto nel vecchio". La Gordimer, membro di vecchia data dell'African National Congress, oggi al governo, si considera un alleato critico. La corruzione, lo scandalo legato a un traffico d'armi e le controverse idee del presidente Thabo Mbeki sull’Aids non sono motivi per abbandonare il partito. "La vera lealtà al tuo Paese e al tuo partito deve essere critica. Essere una donna o un uomo che dice sempre di sì per compiacenza non fa alcun bene a nessuno. Porta alla dittatura. Sono molto critica rispetto alle posizioni del presidente sull'Aids. Sono molto delusa perché ne ho un grande rispetto". Ma pensare che le questioni dell'alloggio, dell'impiego e dell'educazione potessero essere risolte in meno d'un decennio non era realistico... "Io sto aspettando. Siamo ancora all'inizio". In ogni caso, la libertà ha portato i suoi problemi. "Che cosa vuoi farci? Hai paura di non riuscire a realizzare tutti quei sogni meravigliosi".
Gordimer riconosce che chi è stato partecipe della lotta non ha previsto pienamente la criminalità e lo sconvolgimento sociale giunti con la liberazione delle persone che erano state intrappolate nelle cosiddette "homeland" (zone rurali isolate in cui furono segregati i neri negli anni dell’apartheid, ndt ). "Naturalmente, come i poveri di ogni parte del mondo, sono andati verso la torta per assaggiarne un po’. E noi non ci avevamo pensato". Se i bianchi accettano il governo della maggioranza nera hanno un futuro in Sudafrica ma, secondo Gordimer, lo sviluppo più incoraggiante è il rapporto interrazziale. "Per una come me è splendido vedere questo cambiamento, vedere una coppia di razza mista passeggiare nel parco e abbracciarsi e baciarsi all'improvviso".
Una vista che lei ritiene più comune in Sudafrica che negli Stati Uniti. E aggiunge: "Trovo gli uomini neri tanto più belli degli uomini bianchi".

Traduzione di Laura Toschi