Asti
uttarsyam dishi devatatma, Himalaya nama nagadhirajah
Purvaparo toyanidhivagahya
sthitah prithivya iva mandandah"
"A nord dell'India
abitano le anime degli dei, dei re delle montagne,
Himalaya unisce gli oceani da
oriente ad occidente,
Egli è l'epitome della
Terra"
dal
poema epico "Kumarasambhav" di Kalidasa (IV
sec)
Ritorno al Kailash
Non è il mio karma, ho sperato di
tonare una terza volta al Kailash, nel 2015 il viaggio è saltato per il
terremoto in Nepal, Nel 2016 furono autorizzati solo i cittadini cinesi.
Nel 2017 ero infortunato. Ormai la prima e ultima tappa si percorrono in
4x4 e Darchen è una baraccopoli.
Rimane la soddisfazione del blocco
della costruzione di tutta la strada e sapere che la Direzione di AnM ha
attivamente partecipato nel convincere il Min Turismo della RPC a non
costruirla.
Introduzione
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All'alba dei
tempi, quando i primi saddhu attraversarono l'Himàlaya e
si affacciarono sul plateau tibetano, ai loro occhi
apparve una slanciata piramide innevata. Giochi di luce
ed ombra tracciavano il simbolo del sole sulla parete di
cristallo: erano giunti al Monte Meru, il mitico asse del
mondo.
Per gli Hindu, la montagna
riproduce il lingam di Shiva. Per i fedeli del Vajrayana
essa è il monte Tisé o Kan Rimpoché, il gioiello delle
nevi. Per i viaggiatori è l'epitome d'ogni montagna
sacra, ma perché proprio questa e non un'altra? In Himàlaya s'innalzano vette più massicce e ben più
alte... Una risposta la troviamo negli scritti
dell'ultimo occidentale che vi giunse in pellegrinaggio
prima che l'invasione cinese bloccasse per ventidue anni
ogni accesso di stranieri.
Ne "La via delle
nuvole bianche" Lama Anagarika Govinda spiega
perché una montagna diviene sacra. Alcune cime sono
ammassi di rocce - egli sostiene - ma altre sono di più:
hanno una personalità dalla quale traggono una forza che
attrae gli uomini. La personalità consiste in qualità
come la consistenza, l'armonia e una singolarità di
carattere. Quando queste qualità si concentrano in un
essere umano, egli diviene un gran personaggio, un
imperatore o un saggio, come il Signore Buddha. Quando si
manifestano in una montagna, essa si trasforma in un
contenitore di potere cosmico.
Ma perché il Kailash
occupa una posto così preminente fra le montagne del
mondo?
Non solo è il punto
d'intersezione fra due delle più importanti culture,
quella cinese e quella indiana ma è anche il luogo più
alto del plateau tibetano, uno slancio fisico verso il
cielo. Qui nascono anche i grandi fiumi che, scorrendo
nelle quattro direzioni, simbolizzano i legami religiosi
fra India e Tibet e due di loro, Indo e Brahamaputra
racchiudono il subcontinente indiano in un gigantesco
abbraccio. Lama Govinda enumera le associazioni
spirituali di Hindu e seguaci del Dharma con il Kailash.
Per quest'ultimi il Monte è il gigantesco mandala dei
Dhyani Buddha e Bodhisatva descritto nel Tantra di Demciog: il "mandala della sublime
benedizione"; il vicino Manasarovar è il lago
Anavapatta della tradizione buddhista. E come ogni tempio
hinduista ha la sua cisterna dove il fedele si immerge,
così ai piedi del Kailash si adagiano il Manasarovar,
solare, maschile e luminoso, ed il Raksha Tal (lett. lago
dei demoni) lunare, scuro e femminile.
Anagarika significa senza
casa, nome appropriato per un cercatore spirituale che
respinge il concetto di "conquistare un cima":
è la montagna che conquista l'uomo. Lama Govinda compì
il rituale percorso attorno al Kailash per poi
raggiungere le città ormai dirute di Toling e Tsaparang
che tuttora racchiudono preziosi affreschi, veri gioielli
dell'arte tibetana.
Dal 1981 il governo cinese
autorizza ogni anno una yatra dall'India. Trenta
fortunati vengono estratti fra le migliaia di postulanti
al pellegrinaggio.
Per tutti gli altri
stranieri la via del Kailash è più semplice. Una pista
risale l'ampia valle del Brahamaputra: più di
millecinquecento chilometri fra pascoli costellati di
armenti e tende di nomadi, costeggiando le scintillanti
vette dell'Himàlaya ed infine, valicato il passo Mayum,
ecco apparire la grande piana dove si adagia il lago
Manasarovar con a sud il grande monte Gurla Mandhata ed a
settentrione, elegante e splendente, il sacro Kailash.
Dal villaggio di Tarchen, alla base della montagna,
all'alba, decine di pellegrini ogni età iniziano il
kora, il periplo del Kan Rimpocé che compiranno in un
paio di giorni.
Ognuno lo affronta come
vuole, alcuni cantando, altri recitando mantra, altri
progrediscono con la triplice genuflessione e
impiegheranno alcune settimane a ritornare. Alcuni
pellegrini camminano soli, concentrati sulle preghiere;
altri procedono festanti in compagnie liete e felici di
aver finalmente raggiunto queste valli. I genitori
mostrano ai bambini i luoghi legati alle vicende di
Milarepa ed alle saghe di Gesar di Ling. Tutti sostano
nei tre gompa e venerano le immagini salvate dalla furia
delle guardie rosse. Per quanto la quota possa sembrare
alta, il sentiero si snoda facile ed i pellegrini
proseguono nell'aria cristallina, raggiungendo infine il
Dolma-la. Chi compie centootto kora entrerà direttamente
nel nirvana ed a Darchen alcuni tibetani trascorrono
l'ultima vita votati a quest'obiettivo.
Ma i 5.600 metri del
valico non sono un punto di arrivo; da qui, per tutti,
praticanti del Dharma o viaggiatori, credenti o atei
radicali, inizia qualcosa di nuovo perché - ci ricorda
lama Govinda - "Chi valica il Dolma-la nasce per la
seconda volta"
Per l'accesso dalla valle di Humla, vedi sotto
Durata
Tre giorni
Difficoltà
Lungo il sentiero non ci sono
sorgenti, è meglio potabilizzare l'acqua per il
percorso. In stagione si trovano dei piccoli tea-shop con
bevande.
Bibliografia
(vedi anche
Un libro nello zaino)
Itinerario
in sintesi
Giorno
|
tempo |
disl salita |
disl. discesa |
q. campo |
q. max |
1°
|
6h 30m |
350 |
|
4950/5000 |
|
2°
|
5h 35m |
520 |
600 |
4850/4870 |
5470 |
3°
|
4h 5m |
|
230 |
4620/4650 |
|
totale
|
16h 10m |
870 |
830 |
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Tappe
1a tappa Darchan - Chhöku
(Nyanri) Gompa - Drirapugh Gompa (5.010m) 10 h con soste (tempo netto:
6h 30m, dislivello: +350 m.)
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Il sentiero è ampio ed
evidente ed inizia alcuni minuti di cammino a monte della
guest house di Darchen (q.4650). Affiancato da rocce,
sassi e piccoli ometti votivi, il kora
procede verso
ovest dalle tende dei pellegrini alla base della collina.
La punta del Kailash con la parete sud rapidamente
scompare dalla vista mentre il sentiero si alza ed
abbassa sul terreno sabbioso, ondulato e solcato da
piccoli canyon che contornano le pendici della collina ad
ovest di Darchen; grande panorama sulla vasta piana di
Barga con sfondo del Gurla Mandhata.
Dopo un'ora di cammino il
sentiero sale sulla cresta di una morena affacciandosi
fra mucchi di pietre con bandierine cosparsi di indumenti
lasciati dai pellegrini (50' - 4730m) e ricompare la
parete sud del Kailash. Questo è il primo dei quattro
chatsal ghang (luoghi di prosternazione)
disposti lungo il kora. I pellegrini si fermano per compiere quattro
serie di genuflessioni: tre in direzione della montagna, tre in
direzione del lago Manasarovar,
tre verso Thirtapuri (a sud ovest) ed infine tre verso
Darchen. Appendono poi bandiere e bruciano incenso,
talvolta un rametto detto khenpa oppure il fiore
rosso di una pianta conosciuta come shangpe. Altri
aromi usati sono il ginepro (shukpa) e il sandalo
rosso e bianco (tseden).
Aldilà della cresta
morenica si apre a nord la valle pietrosa e deserta del
Lha Chu, il torrente degli dei: immense muraglie
di arenaria porpora, puddinga di colore rossastro e
conglomerati si sfaldano in pinnacoli e mitici castelli.
Discesa di circa 30' a Serdzong (pascolo o passaggio
d'oro) dove si tiene la cerimonia nel giorno della
luna di Saga Dawa (Buddha Jayanty o Vaishaka Purmina;
nascita, illuminazione e paranirvana di Buddha). A monte
del sentiero si erge il palo o tharboche (q.4.680) che
viene sostituito in questa occasione. Su un dosso più ad
est vi è il cimitero degli 84 Arhat (saggi,
Mahasiddha) (tib. Drachom Ngagye Durtro) benedetto da
Gotshangpa (primo esploratore del Kailash) e da Padma
Shambava. Il prezioso maestro predisse che il palo
sarebbe stato ricavato da un altissimo albero nato da se
stesso (rangjung). Lattuale è un sostituto
privo delloriginale forza vitale (neupa).
Presso il cimitero vi è la
miracolosa sorgente (Drub Chu) dei Mahasiddha, attraverso
la quale il fedele riesce a vedere un lago sotterraneo,
Khandro Drora (il luogo delle danze delle Dakini),
carico di vibrazioni, dove i maestri si siedono per
ricevere visioni. Luogo potente durante il Saga Dawa. Qui
giunge un sentiero da Gyangdrak e Silung gompa.
Ad un centinaio di metri
dal palo è stato ricostruito il Chorten Kang gni (lett.:
chorten a due gambe, kani; ovvero chorten con
portale) (10'). I pellegrini acquistano meriti entrando
nella valle del Lha Chu attraverso questo portale e
toccando la prima delle impronte di Buddha (shapje).
Si continua in leggerissima discesa verso il fondovalle
sempre in vista del versante meridionale. Le facce del
monte Meru (e quindi del Kailash) sono di oro, cristallo,
rubino e lapislazzuli.
Il sentiero principale si
tiene al margine presso le pendici anche se vi sono
sentieri che attraversano la piana fra numerosi vecchi mendong
(muri mani). Macchie prative permettono di campeggiare a
Pema Phuk (caverna del loto, 40'), il toponimo
indica un'ampia zona prativa e, se campeggiate, occhio
agli allagamenti serali dei prati. Con una buona jeep si
giunge fino a qui. La caverna di Naro Bön Cho (Naro Bon
Chung Phuk) è posta sul pendio che sovrasta la zona
prativa. Davanti alla caverna vi è limpronta di
Milarepa che pose un piede qui ed uno al monastero. A
sinistra della caverna sta Tsokzhung, larga roccia dove i
fedeli individuano un calderone per il cibo consumato
dalle Dakini e scorre il Tshe Chu (acqua della lunga
vita) dove i pellegrini immergono tre volte il capo.
La conformazione dei pendii
è ora in creste quasi verticali di arenaria verde o
marrone e di conglomerati. Giunti ad un ponticello
(4.710m) (1h dal Tarboche senza le varie soste) e
attraversato il Lha Chu, un sentiero sale a Chhöku Gompa
(pr. Ciocu, 4.820m), il primo tempio nel circuito del
Kailash. Lo si raggiunge con 30' di faticosa salita dal
ponte.
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Chhöku Gompa
Poco sotto il monastero
cè la grotta dellelefante Sala Rabten
(Langchen phuk) il cui teschio è nel dukhang. La grotta
è consacrata a Guru Rimpoche che vi avrebbe meditato.
Chhöku (figura religiosa) Gompa è detto anche Nyan-ri
Gompa e Nyan-po ri dzong, venne fondato nel 13° secolo
da
Götshangpa Gompo Pel (1189-1258), discepolo di
Tsangpa Gyare Yeshe Dorje (gtsang pa rgya ras ye shes rdo rje), maestro fondatore della scuola drukpa kagyü e
scopritore del grande pellegrinaggio a Tsari. In una
grotta dietro al monastero (Götshang Phuk) si trova il
suo eremo. Poco a sud si trovano le grotte dei Mahasiddha
(Drubthob) fra le quali quella di Milarepa che trovandola
troppo bassa la alzò lasciando limpronta della
mano nel soffitto. Agli inizi del secolo scorso un enorme masso
cadde direttamente sul gompa, L'attuale edificio è stato
ricostruito dopo la rivoluzione culturale, ma la figura
centrale del dukang (è il tempio interno all'edificio)
è quella originale. Entrati nella sala, a sinistra
troviamo piccoli chorten di metallo, statue di Opame e di
Sakyamuni in tre differenti aspetti. Sulla parete
centrale spicca la statua in marmo bianco di Nagwa Thaye,
conosciuto anche come di Chhocku Rimpoche.
Vi sono varie leggende
sulla statua che è un ranjung cioè nata da se stessa:
scoperta presso il Wöme Tso (oma tso - lago di latte)
presso Tirthapuri oppure proveniente Lahul dove sette
statue si erano formate da sole. Scoperta in una grotta
da una anziana donna che cercò di trasportarla
inutilmente per il peso, la statua parlò ed espresse il
desiderio di essere spostata.
A fianco penne di pavone e
teschi di elefante fra cui quello dellelefante Sala Rabten. Interessanti una conchiglia ricoperta in argento
(Chödung Thongwa Kundröl) che Milarepa avrebbe raccolto
sul fondo del lago. Secondo altri loggetto, che
infonde un senso di benessere nel pellegrino e rimuove
cattivi karma, volò magicamente da Bodh Gaya. Dal
lucernario tramite specchio si riflette limmagine
del Kailash. Vi è anche grande catino portato da Tilopa.
Alle spalle della statua vi è la biblioteca con il
Kangyur. Statua, conchiglia e vassoio rappresentano
corpo, parola e mente.
Sulla terrazza principale
sorge il gonkhang dedicato a Ghangri Lhatsen, protettore
del luogo e che risiede sulla cresta (tib.: ri) di Nyan
che sovrasta il gompa. Su una cengia della parete che
sovrasta il gompa un palo con bandiera bianca segnala una
grotta dove avrebbe meditato Milarepa.
(continua il
percorso)
Vi è un sentiero che
continua sulla riva occidentale (dx or) ma conviene
tornare al ponte (15'). Il kora prosegue sul fondovalle
in saliscendi su pendii sotto le incombenti pareti ma il
sentiero è sempre evidente e buono. Poco dopo Pema Phuk,
quando la valle fa una curva ed una controcurva, il
roccione che si vede in fondo alla prima curva è il
Gompo-phang (skt Ravan Parbat), manifestazione di una
delle divinità tutelari.
Lungo il percorso, numerosi
luoghi della vallata sono legati al ricordo ed alla
leggenda di Gesar di Ling. A più di un'ora dal ponte per
Chhöku, proprio a destra del sentiero, in prossimità di
poco evidenti mucchi di pietre mani, si vede uno dei
tanti rangjung: Kyiki Tapho (cavallo di felicità,
o sella di Kyang Go), il cavallo di Gesar di Ling,
piccolo masso a forma di sella, unta di burro, che viene
indicata come cavalcatura per raggiungere la beatitudine.
Sempre costeggiando il torrente si arriva in vista della
parete ovest del Kailash.
Su una piattaforma vi sono
tre labche che ospitano immagini "nate da se
stesse" delle divinità. Un'alta cascata sul pendio
ovest (dx or) fra le prime due cime è conosciuta come la
coda di Tawo Kyang Go Yarwa, il cavallo di Gesar. Una
pietra cubica in alto sul pendio alla nostra destra è
uno dei dadi da gioco usati per prendere una decisione
strategica. Un gran buco nella roccia da cui sgorga acqua
è il luogo dove Dugmo, moglie di Gesar, preparava il
chhang e tre macigni nei pressi erano usati per macinare
l'orzo quando ella lasciava fermentare la birra. Vi è la
roccia delle 21 dakini (Dolma Nyishu Tsakcich), una
grande macigno dove è riportata tutta la preghiera alle
21 Dolma.
Si giunge al secondo chatsal ghang. Ad est si elevano le cime del
Gonpo Bheng
e del Guru Jator questultimo è considerata la torma
di Padma Shambava. Al di là del Lha Chu vi sono le tre
vette del Tselha Namsum (tre dee della longevità: Dolma,
Tsepame, Namgyalma) e il Gesar Tega (la sella di
Gesar). I pellegrini si prosternano prima
verso il Kailash, poi verso il Gonpo Bheng e il Guru
Jator ed infine verso Tselha Namsum.
Valicato l'affluente che
scende dalla cima del Changa Dorje, se camminate ogni
tanto a naso in su, finalmente vi accorgerete di aver
passato lo spigolo nord-ovest e finalmente compare la
sacra faccia "dorata" del Kailash con la parete
nord.
Si raggiunge un luogo di
campo per i pellegrini: Tamdrin Dronkang (o Dronktram)
(q.4830) dove si trova un altro rangjung costituito da
una pietra scura disposta in un piccolo recinto di
pietre, sullo sfondo della parete ovest del Kailash, e
sulla quale è incisa una immagine di Tamdrin
(difficilmente distinguibile), divinità con testa di
cavallo, avatara di Chenrezi. È ricoperta di
burro offerto nel quale i pellegrini conficcano monete.
Vi appoggiano la propria testa, prendono del burro e se
ne mettono in capo. Qui si fermano anche i trekking
quando dividono il percorso in quattro tappe (10'). Vi
sono alcune tende ristoro. Spazi migliori un po' più a
monte. Vi è anche una larga impronta sulla roccia è
l'orma del piede di Buddha, la seconda che incontriamo
sul circuito (questo secondo Swami Pranavananda) per
altri è di Milarepa.
Sulla destra orografica si
vedono due tributari che scendono da nord-ovest: Belung
Chu e Dunglung Chu. La seconda di queste vallette è la
valle di Dronglung (yak selvaggio) ed è una delle valli
che conducono alle sorgenti del Seng-ghe Khabab (nome
tibetano dellIndo: il fiume che esce dalla bocca
del leone). La valle qui compie una ampia curva.
Il sentiero, sempre sulla
riva sinistra orografica, attraversa con un guado il
Kanjam Chu che scende dal ghiacciaio omonimo ed in 30'
arriva ad una malga in pietra. Attraversato il
torrentello che nasce dal piccolo ghiacciaio alla base
della parete nord del Kailash, si può mettere il campo
1° (q.5000) presso il grande palo con bandierine di
fronte alla parete del Kailash.
Per visitare il gompa
scendere al fiume (10') guadarlo oppure risalire fino al
ponticello sul Dolma Chu e raggiungere il ponticello sul
Lha Chu. Una breve salita (10') conduce al gompa. Proprio
sotto il gompa vi sono quattro misere stanze da affittare
(Driraphug guest house).
Driraphug gompa
Dal gompa magnifica vista
della faccia nord del Kailash. Direttamente di fronte al
monastero, aldilà della valle del Lha Chu, si apre
Pölung (valle dell'incenso): un largo bacino formato
dalle pendici occidentali del Kailash. Le due sentinelle
(montagne) sono a destra il Changa Dorje (Vajrapani) ed a
sinistra il .Chenrezi (Avalokiteshvara). Poco sopra il gompa, vi è la caverna del corno dello yak femmina
(Driraphug, 5.010m) dove meditò Gyalwa Gotsangpa, il
monaco Drigung che "inventò" il kora.
Driraphugh è tutt'ora legato alla chiesa Drigung.
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la figlia
dek nostro yakkaro al campo 1,
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Al Dolma
La
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2a tappa Driraphug -
Dolma La - campo 2
Tempo netto:5h 35',
dislivello: +520 m., -600 m
Dal campo (q.4950) si scende al Dolma Chu su un ponticello e ci portiamo
sul sentiero che, sul greto destro, viene da Driraphug e si inoltra
nella valle che scende dal Dolma. Inizia una salita non ripida fra
blocchi di granito bianco che porta ad un primo punto panoramico sulla
valle e poi ad un secondo (40'). Il prato sotto questo punto è l'ultimo
spazio adatto a porre delle tende.
Dopo il breve tratto in mezza costa il sentiero si alza ora con minor
inclinazione sopra i prati per circa 20 minuti fino al
cimitero di Shiva (Shiva-chal, 20', q.5260.). Il terreno è
cosparso di mucchi di pietre, in parte coperte da una gran quantità di
indumenti, scarpe, ciotole e altri oggetti personali lasciati dai devoti
pellegrini. Le offerte vengono compiute per assicurare non il passaggio
del valico ma un buon transito nel Bardo, lo stadio intermedio fra due
vite. Il sentiero si inerpica con molta gradualità, ma la quota si fa
comunque sentire; il paesaggio è di tipo alpino sub-glaciale.
Proprio sopra il sentiero vi è una roccia dove i fedeli lasciano un
dente od versano il proprio sangue estratto dalle vesciche od
a un piccolo taglio. È un modo per compiacere e placare Shinje, il
signore della morte. Morire qui è considerato altamente meritorio.
Pochi minuti più avanti vi è nella roccia l'impronta del piede di
Milarepa, colorata in rosso (Drubtak Shabje, legata alla lotta con Naro
Bön Cho), e proprio oltre vi è un'area caratterizzata da buche nel
terreno che vengono scavate dai pellegrini alla ricerca dei capelli di
Yeshe Chogyal, la consorte tibetana di Guru Rimpoche (Padma
Sambhava). A sud, aldilà della valle si apre una valletta tributaria che
conduce al Kha-dro Sang Lam (strada della dakini dalla faccia rossa) che
permette di evitare il Dolma la ed è valicato solo da chi ha compiuto
dodici giri. Verso la fine della salita vi è Dikpa karnak (pietra del
peccatore), un masso con una fessura attraverso cui riesce a passare chi
non ha peccato, e poco più a monte del sentiero ci sono alcuni muri in
rovina, Charok donkang, già diruto al tempo di Swami Pranavananda.
Il sentiero è ora leggermente pianeggiante e si snoda fra massi di
granito sparsi sul tappeto erboso. Dopo 20' il sentiero volta a destra
valicando il torrente e salendo una morena glaciale: è lo strappo finale
al passo, 180 metri di dislivello. Piccola pozza smeraldina e poi ecco
il Dolma La (variamente quotato fra i 5470 e i 5630m).
Interessante il grande macigno Dolma Do presso il passo,
ricoperto di monetine. La striscia bianca rappresenta il corretto
cammino verso l'Illuminazione. Il ghiacciaio che sovrasta il colle non
scende direttamente dal Kailash, ma da una cima terminale della cresta
che si protende dalla sua parete est.
Il percorso del pellegrinaggio continua sul versante orientale. Dopo il
colle il sentiero scende più ripido dell’altro versante fra pareti di
granito che sovrastano tre piccoli laghetti morenici. Appare il lago
Gaurikhund (tib. Tuuje Chempo tshom; lago del grande e
compassionevole Bodhisattva). Il sentiero passa circa 60 metri sopra il
lago. Quando il 28 agosto 1946 Swami Pranavananda vi immerse "Janma
Bhoomi", il suo battello di gomma, oltre che sondarne la profondità
stabilì il record mondiale di navigazione in quota.
Dopo il lago il sentiero scende ripido fra rocce granitiche. Piana di
tundra con cuscini di muschio. Alla vista si apre la sottostante valle
del Lham Chhu Kyer e compare per un breve tratto il Gurla
Mandhata. Lunga discesa spezzagambe fino a raggiungere il primo
fondovalle (1h - 5080m), che si presenta come una prateria d’alta quota,
fiancheggiata da strutture rocciose a stratificazioni tipo canyon. Spazi
di prati e muschio.
A destra del sentiero, dopo una malga in pietra ma prima del torrente
che scende dal passo, vi sono la terza impronta di Buddha, e l'ennesima
grotta di Milarepa. Numerose tracce di sentiero e varie possibilità.
Seguite la pista principale che si tiene sulla destra della valle. La
pista corre su un pendio di macigni che giunge fin in riva al torrente e
poi prosegue sul fondovalle erboso.
Un'oretta di cammino permette di raggiungere un torrente tributario
(20') che scende da ovest ed il Kailash presenta il versante orientale,
la faccia detta di "cristallo". Il terzo luogo di prosternazione
è nei pressi della confluenza aldilà della quale arriva il sentiero che
scende dal Kha-dro Sang Lam.
In questa zona si trovano numerosi luoghi legati ai Buddha della
Medicina. Ad est vi sono infatti le otto montagne di Menlha Tsengye
dalle quali scende il Menlha Chu e quindi fra i prati troviamo
un'impronta (Menlha Shabje), la sacca dei medicinali (Men Khuk, e la
montagna di cui si scorge la parete nord (a sud quindi del tributario di
destra) è il Sangye Tongku Phutang, il palazzo delle immagini dei
Mille Buddha. Inutilmente cercherete la quarta impronta di Buddha
perché nel 1931 è stata spostata presso il monastero di Gyandrak nel
kora interno.
Passato la confluenza, dopo mezz'ora si raggiunge un sito pieno di mani,
presso il quale c’è un’altra tenda che vende bevande (coca e birra) e
cibarie. Si può mettere il campo 2° in riva al Lham Chu (q.4870).
3a tappa campo 2- Dzutrulpugh (4.820) - Darchen
tempo netto: 4h15', dislivello: -230 m
Continuando a camminare verso sud per circa un'ora si raggiunge la
spalla di una morena e la si sale (20'). Dalla sommità della spalla si
scorge bene la confluenza fra il Lham Chhu ed il Topcheen Chhu
(torrente dalla grande forza) che scende da est formando il Dzong Chhu
(torrente del castello). Scesi sul fondovalle pianeggiante in meno di
un'ora viene raggiunto Dzutrulpugh Phuk Gompa (q.4730 pr. zuprul).
Un custode apre il piccolo tempio consentendo di vedere e fotografare la
"Caverna del lavoro miracoloso" creata da Milarepa, con le impronte
della sua testa e delle sue mani sul basso soffitto. La statua del santo
poeta taumaturgo è in una nicchia, ma invano cercherete il tridente
di pietra (Mila Changka) ormai trafugato! Nel pianoro sotto il
monastero c'è una guest house spartana con sei stanze. Possibilità di
accamparsi nel prato sottostante.
Dal monastero si scende per sassi ad un torrente (grande caverna sulla
destra) poi si risale e si prosegue in saliscendi. Il sentiero è
inizialmente largo. Numerosi affluenti dalla destra. Vi è anche un
ponte su un torrente laterale (q.4610). Ripresa la via, si
incontrano lungo il sentiero molti muri mani e diversi rangjung:
generalmente sono pietre arrotondate con delle concavità, tipo coppelle
dei nostri massi alpini, unte di burro dai pellegrini e interpretate
come impronte di santi, divinità ecc.; l’ultima di tali pietre, poco
prima di Darchen, ha una impronta a forma di fallo, circondata da mantra
scolpiti! L'alveo del Dzong Chhu si restringe e forma un canyon.
La piccola gola è attraversata da cavi con bandiere, il sentiero passa
più in alto: sullo sfondo ricompaiono il Gurla Mandhata e il Raksal Tal.
I pendii delle colline circostanti offrono una varietà di colori
affascinante. Lunga salita di mezz'ora fino alle rocce colorate di
Trang ser
(ser = oro) e Trang mar (mar = rosso) e dall'alto ampia vista
sulla piana di Barga e sul Rakshas Tal . Si passa accanto al quarto
chhatsal ghang (chaktsel gang) raggiungendo alla fine del canyon. Il
sentiero abbandona la riva del torrente e si inoltra nelle pendici
deserte della vallata giungendo al bivio per il Manasarovar vicino ad un
gruppo di muri mani, poi volta a destra contornando le pendici della
collina. Dai muri mani a Darchen c'è ancora un'ora di cammino. Nel primo
pomeriggio si raggiunge infine a Darchen.
Inner Kora - Inner Parikrama - Nandhi
Parikrama
Il kora interno è
riservato solo ai pellegrini che hanno compiuto dodici
giri attorno al Kailash o ne hanno compiuto uno nell'anno del cavallo
(2002-2014-2026). Il turista può salire ai due
monasteri posti nella valletta sopra Darchen.
Si può fare in tre giorni, ma anche
in due e c'è qualche escursionista che l'ha affrontato in un solo
giorno.
Si può cercare di dormire a Silung
Gompa od a Gyandrak se le autorità lo permettono. Avvicinandosi a
tredici chorten occorre porre attenzione perché possono cadere pietre
dalla parete. La salita al passo è su ghiaione che spesso può essere
innevato.
Si parte dalla guest house
(q.4620), imboccando il sentiero che inizia alle spalle
(nord) del villaggio in corrispondenza della piccola
forra, attraversata da cavi con bandierine, in cui scorre
il torrente. Dopo la rampa iniziale, il sentiero sale
dolcemente fino a Gyandrak Gompa (q.4980, 1h30')
costruzione quadrangolare disposta su una collinetta. 20
minuti dopo, si passa un colletto (q.5000) che
supera il dosso che divide la valle di Gyandrak Gompa da
quella di Silung Gompa. Altri 20' e si raggiunge il grande chorten (q.4910) posto, poco prima del Silung Gompa,
allimbocco della valle diretta verso la parete sud
del Kailash: di qui parte lInner Khora, il circuito
intorno al Neten Yekzum, che rappresenta il toro
Nandi, visibile con la sua "schiena"
scura di fronte alla residenza di Shiva. La parete sud
del Kailash è strapiombante e su una cengia alla sua
base si ergono tredici chorten (Serdang Chuksum) nella c.d.
grotta dei Sapta Rishi (chiamata così dagli hindu), una cengia
aggettante che corre lungo la parete ad una sessanta metri dalla nase.
La cengia è percorribile ed vi si può salire deviando dal Charok Phurdod La,
il colle fra Kailash e Neten
Yekzum. I pellegini quindi scendono ai due laghetti (Bianco e Nero) che
custodiscono le chiavi della sacra montagna, per poi
tornare al punto di partenza. Se l'innevamento è forte i due laghetti
sono occultati nel nevaio.
Il turista che vuole vedere la
parete sud invece arriva a Silung
Gompa (4930m) e da qui sale al colletto da cui
raggiunge Serlung oppure, seguendo il torrente sulla
destra orografica, lo guada più a valle,
ricongiungendosi col sentiero per Gyandrak Gompa e torna
a Darchen.
Accesso
Da Lhasa o dal Nepal dalla
valle di Humla.
Accesso dalla valle di Humla
L'alta valle del fiume
Humla Karnali ed il valico del Nara Lagna sono state
aperte al turismo diretto al Kailash nel 1993. Il primo
gruppo di escursionisti italiani ha valicato il confine
nel 1994 guidato da Marco Vasta e da Ang Kami Sherpa.
Occorre un permesso speciale di trekking e valgono le
usuali norme per le zone ristrette: organizzazione di
un'agenzia riconosciuta ed ufficiale di collegamento. Il
percorso, di scarso interesse, consente una
acclimatazione graduale ed è ottimale per
l'avvicinamento alle alte quote del trekking del Kailash.
L'alta valle di Humla è un territorio di transizione fra
Nepal e Tibet. Numerose carovane di capre transitano
sulla pista trasportando sacchetti con salgemma o riso.
In alcuni villaggi si rifugiarono, dopo il 59, le
famiglie tibetane di Taklakot che avevano corrispondenti
commerciali in Humla. Un'area tibetana intatta è rimasta
nella valle di Limi ma non sempre il governo nepalese
rilascia permessi per questa enclave.
Dall'aereoporto di
Nepalgunji (120m) si raggiunge Simikot (circa 2.200m) in
aereo od elicottero. Si sale ad un balcone da cui scende
a quasi duemila metri per poi iniziare un tracciato in
saliscendi di soli 70 chilometri che permette di
guadagnare al quarto giorno il Nara La a 4.600m, in tal
modo si evitano le gole impercorribili del fiume. Da qui
una ripida discesa porta ad Hilsa, in riva all'Humla ed
al posto di confine con la strada bianca che giunge da
Taklakot (Purang) dove si svolgeranno le pratiche
burocratiche con la Cina. A Kojarnath si trova un bel
lamasterio intatto così come lo vide Tucci nel 1936.
L'Humla Karnali nasce dalle pendici meridionali del Gurla
Mandhata ed in tibetano è chiamato Mabjha Khabab, il fiume
che esce dalla bocca del pavone. Spesso il trekking
al Kailash è organizzato con accesso da Humla. Il
ritorno può avvenire in jeep lungo la valle del
Brahamaputra o da Humla. In tal caso un elicottero
atterra a Yari, caserma nepalese posta prima del Nara la.
Clima e temperature
medie
Il periodo migliore è in
maggio-giugno od in settembre-ottobre. In periodo
monsonico, specie ad agosto, il Kailash gioca a
nascondino. Notti fredde.
Abbigliamento
Da quota
Attrezzatura
Da escursione
Informazioni di viaggio
Avventure nel Mondo
Cartografia
Non è necessaria. La classica
Himalaya della Nelles Verlag è sufficiente per
orientarsi nel percorso di avvicinamento.
Naro Bön Cho e Milarepa
di Marco Vasta
Quando Milarepa, il santo poeta vestito di cotone, giunse alle pendici
del Tise, venne gioiosamente accolto dalle divinità locali ma
altrettanto ospitale non si mostrò Naro Bön Chung, potente sacerdote che
incontrando Mila sulle rive del lago Manasarowar proclamò con sussiego:
«Accetta la superiorità della nostra religione ed unisciti a noi!».Naro
Milarepa replicò garbatamente «Buddha stesso ha profetizzato che il Kan
Rimpoché cadrà sotto l'influenza dei seguaci del Dharma» e inoltre Marpa,
il potente mago, non gli aveva a lungo descritto la santità monte? «Il
ricordo del mio maestro mi lega alla montagna, sii tu a convertirti!»
tagliò corto Milarepa. Naro declinò a sua volta l'invito e propose di
risolvere il tutto con un duello di magia.
Naro Bön Chung repentinamente si mise a cavalcioni sul lago, ponendo un
piede sulla riva opposta e cantando un inno ai propri straordinari
poteri. Milarepa rispose coprendo il lago con il proprio corpo «senza
allargarlo» e canticchiando una contro canzone. Infine, per meglio
chiarire i propri poteri a tutti i presenti, mise l'intero lago sulla
punta di un dita senza nuocere a nessuno degli esseri che vivevano nelle
acque.
Naro, perplesso e stupefatto, ammise una momentanea inferiorità ma volle
un'altra prova e si diresse verso la montagna assieme ai suoi discepoli,
iniziando a camminarvi attorno in senso antiorario. Milarepa fece lo
stesso ma nell'altro senso ed alla fine si incontrarono presso una
grande roccia e cominciarono a spintonarsi. Ovviamente, ma questa è la
versione buddhista, vinse Milarepa che costrinse il gruppetto di Bön po
a proseguire assieme a lui. Allora Naro suggerì una prova di forza e
sollevò un macigno grande come uno yak. Milarepa sollevò sia il macigno
che Naro e poi si sedette a riposare nella «Caverna del loto». Poi
allungò una gamba e con il piede bloccò l'entrata della caverna, posta
dove sul pendio opposto della valle, dove si era assiso Naro. Dalle cime
e dalle rocce dei ed esseri non umani risero fragorosamente. Umiliato ed
in imbarazzo riprese a camminare attorno alla montagna secondo la sua
pratica e rincontrò Milarepa, questa volta a sud del Kailash proprio
mentre iniziava a piovere. «Ci servirebbe un rifugio - affermò Mila -
preferisci costruire le fondamenta o sistemare il tetto?». Naro scelse
il tetto. Poco sportivo, Milarepa ricorse ai suoi poteri e rese così
pesante la pietra destinata alla copertura che Naro non riuscì a
sollevarla. Milarepa intervenne alzandola, rigirandola, soppesandola e
lasciando ogni volta l'impronta delle mani sulla roccia e il rifugio
così allestito divenne la «Caverna del lavoro miracoloso». Naro, sebbene
umiliato, sostenne giustamente che questa non era una prova concordata e
non si diede per vinto. Si ricorse così ad un'ultima sfida. Il Kailash
sarebbe stato posseduto da chi avesse raggiunto la vetta nel
quindicesimo giorno del mese.
Naro immediatamente iniziò ad esercitarsi dedicandosi assiduamente alle
pratiche Bön. Ai primi albori del mattino stabilito i discepoli di
Milarepa videro Naro iniziare un volo nello spazio a cavallo di un
tamburo. Indossava una veste verde e suonava uno strumento musicale. Il
loro maestro non si era ancora svegliato e i discepoli erano veramente
preoccupati. La loro ansietà era aumentò quando Milarepa, informato
degli eventi, mostrò poco interesse e non si mosse.
Ma i discepoli non ebbero da temere poiché proprio all'ultimo momento
Milarepa fermò il suo avversario con un semplice gesto. Quando il giorno
tinse di rosa il cielo egli schioccò le dita, indossò la tunica e volò
verso la cima. il primo raggio di sole illuminò Milarepa trionfante
mentre atterrava in cima al Kailash. Sorpreso, Naro Bön Cho perse il
controllo e precipitò lungo i fianchi del monte seguito da tamburo che
rotolava di cengia in cengia.
Il leggendario confronto fra il santo cantautore ed il mago Bön Cho
indica che sicuramente le due fedi ebbero modo di scontrarsi per il
controllo religioso del Tibet ed in questa leggenda rintracciamo molti
elementi per comprendere, attraverso le nebbie del tempo, le lontane
origini del Bön.
Il monte Kailash è sacro alle religioni Hinduista, Buddhista, Jainica e
Bön. Rappresentazione concreta del mitico monte Meru, è l'axis mundi per
milioni di asiatici. I Bön lo chiamano Tise e lo considerano l'anima
dello Shang Shung, il Tibet occidentale. Esso torreggia sopra le sfere
celesti come un parasole con otto anelli e sopra la terra come un loto
ad otto petali. E' la residenza di 360 Gi Kod, una classe di dei
specifica del Kailash e chiaramente associata al ciclo dell'anno solare.
Abbiamo quindi la possibilità di identificare la regione dove nacque
questa religione ed anche supporre quali fossero le divinità originarie.
Ma il Tise è anche la corda che collega terra e cielo lungo la quale il
corpo di emanazione di Shen Rab, fondatore del bön modificato, scese
sulla terra.
I primi re tibetani erano uniti al cielo, da cui scendevano, mediante
una corda che partiva dalla loro testa ed compito dei sacerdoti Bön era
quello di proteggere i re e quindi l'intero popolo. Religione quindi
istituzionale che aveva assimilato anche elementi sciamanici, volare su
un tamburo era infatti una prerogativa di maghi, esorcisti e sciamani
nelle credenze popolari. La cosmogonia Bön ci offre anche altri miti,
non presenti nella leggenda di Mila vestito di cotone e di Naro, che si
rifanno allo scontro bene e male, dio buono contro dio malvagio ed in
questo autorevoli studiosi hanno individuato elementi iranici. Questa a
grandi linee potrebbe essere stata la religione Bön agli inizi della
nostra era prima che Atisha e Padma Sàmbhava, il nato da loto,
introducessero sul tavoliere tibetano quella versione del Buddhismo
tantrico che noi conosciamo come Vajarayana, la via di diamante, più
comunemente Lamaismo.
Se il Buddhismo voleva prevalere nel Tibet doveva assumere il controllo
di questa montagna così simbolica sottraendola ai Bön po. Ed alla fine
ci riuscì appropriandosi delle forme di culto e della fitta schiera di
genii loci delle montagne che, secondo la tradizione canonica, Padma
Sàmbhava sconfisse e trasformò da nemici in protettori del Buddhismo.
Non che i Bön si arrendessero facilmente se è vero che essi spinsero il
re Langdarma a cacciare i lama dal Tibet. Ma Langdarma venne ucciso e
pian piano il Vajrayana si diffuse definitivamente su tutto l'altopiano.
Ma il Bön non scomparve: così come gli dei delle montagne si erano
adattati e sottomessi alla predicazione di Padma Sàmbhava così il Bön si
mimetizzò trasformando iconografia delle divinità, testi canonici e
liturgie dalle forme originarie in copie della religione lamaista.
Artefice di questa grande opera di plagio fu
Shen Rab Mi Bö, mitico o
realmente esistito, che è raffigurato esattamente come Padma Sàmbhava.
Il Bön con il passare dei secoli si è talmente modellato sul Vajrayana
da rendersi quasi indistinguibile. Bön e Lamaismo si sono compenetrati
special modo nelle correnti più esoteriche come i Nyima Pa, la più antica
delle sette, e il Bön ha mantenuto radici in tutta l'area tibetana
assumendo talvolta diversità regionali. Ma per gli uomini delle montagne
le distinzioni filosofiche e teologiche sono prive di significato e le
due religioni sono in fondo espressione della stessa fede. Camminare
attorno ad un chorten od attorno al Kailash in un senso o nell'altro non
ha, alla fine, nessuna importanza poiché Dio, sosteneva un saggio lama,
non siede isolato in vetta alle montagne ma è ovunque sia l'uomo.
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