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Martedì 25 Dicembre 2018 Anche stamane troviamo il sovratelo umido, ma il sole arriva presto e appena asciugate pieghiamo le tende e le consegnamo, pronti a partire. Dopo un centinaio deviamo per raggiungere la casa dei genitori di Kirtos. È una modesta casa rurale e la mamma ci prepara un caffè secondo l'usanza di ospitalità.
Il rito del caffè
Anche se non siete amanti del caffè, assistere a questo antico rituale (Amharic : ቡና ማፍላት, translit. bunna maflat), lascia incantati di fronte all’incontro di tradizione e di cultura millenaria. Lontano dalle consuetudini di noi occidentali ed ancor più del nostro espresso consumato in piedi, il rito del caffè nasce in Etiopia, la terra dove questa pianta si riproduce in modo naturale all’ombra di alberi ad alto fusto, senza che sia necessaria l’inseminazione. La sua arte, praticata solitamente dalle donne più anziane, è anche un’occasione per mettersi intorno ad un tavolo e riunirsi con i propri familiari.
L’invito a partecipare al rituale del caffè per il popolo dell’Etiopia significa manifestare la propria ospitalità e dimostrare un profondo senso di amicizia. Per dare il benvenuto agli ospiti e per creare un’atmosfera piacevole si cosparge il pavimento di erba e di fiori profumati. A questo punto le donne accendono un fornelletto a carbone e tostano i chicchi verdi appena lavati. Nella stanza inizia a diffondersi l’aroma del caffè a cui si aggiunge quello dell’incenso. Una donna soffia verso gli ospiti che provano la sensazione di trovarsi in un mondo ricco di effluvi aromatici e di emozioni piacevoli. Ora inizia la fase della macinatura dei chicchi all’interno di un mortaio che poi vengono versati, insieme all’acqua, nella tradizionale brocca di ceramica, la “jebena”.
La preparazione del caffè etiope prosegue attraverso 5 passaggi che determineranno il suo caratteristico gusto speziato e intenso:
Non appena il caffè bolle, viene messo a raffreddare in un coccio
Viene travasato di nuovo nella jebena
Si aggiunge lo zenzero grattugiato
Si inserisce un piccolo tappo di stoppa nel beccuccio della jebena per filtrare il caffè, mentre lo si versa nei fingiàn, le tipiche tazzine colorate e senza manico
La padrona di casa si assicura di aver riempito le tazzine fino all’orlo.
L’usanza vuole che quando tutti abbiano terminato di bere la donna raccolga le tazze e aggiunga altra acqua per preparare altro caffè fino ad arrivare a 3 giri:
Awel in tigrinya: il primo giro, il più forte, si porge ai padri (agli anziani)
Kole’i: il secondo, invece, viene offerto alle madri
Bereke (bàraka, in arabo: بركة 'grazia', 'benedizione') ), il terzo giro, è riservato ai bambini e assume il significato di “benedizione” degli invitati. I fondi rimasti vengono utilizzati per la lettura del futuro.
Quando ci si ritrova in una bunna-bet (casa del caffè) per assistere alla preparazione del caffè dell’Etiopia si comprende il significato del detto etiope “il caffè è il nostro pane”. La cerimonia è un’esperienza inebriante che allontana la mente da ogni altro pensiero, facendola concentrare sui profumi che pervadono la stanza e sul gusto fruttato che permane dopo l’assaggio.
Si riparte su un comodo sentiero. A sinistra della parete si trova uno spiazzo dove avvengono i funerali e quasi all'inizio, appoggiate alla parete, Kirtos ci indica i pali che sorreggono il feretro che viene portato poi in alto verso il cimitero. Saliamo abbastanza rapidamente ad un terrazzo con ometti. Qui i sacerdoti trasportano le arche in processione per andare incontro ad anziani ed infermi che non riuscissero a salire fino al pianoro in cima all'amba.
La chiesa di Debretion Abune Abrham, la più grande delle montagne del Tigrai, viene raggiunta in breve. Varcato il cancello della muro di recinzione ci troviamo nel prato antistante la chiesa, delimitato da un muretto che si affaccia sulla piana di Hawzien. Il sacerdote ci mostra la sala di preghiera con i bellissimi pilastri scavati nella roccia. La camminata riprende scendendo sul medesimo sentiero fino ad un bivio. Chi non se la sente, ritorna al campo e con il pulmino raggiunge la pista pedonale e per asine che sale ad Arega.
"Riscendiamo per un pezzo di via di salita per poi deviare in un’altra valle. Risaliamo con passaggi su roccia arenaria e qualche breve traversino (non esposto) fino ad una seconda piccola chiesa (Mariam Rafeda), dove non entreremo. Prima della chiesa uno stop su una balconata con un panorama mozzafiato. Riscendiamo verso il campo attraverso un sentiero a mezzacosta sotto una grande falesia; nei pressi di un villaggio di pastori ci raggiungono gli assistenti di Kiros dal campo che ci portano il pranzo... dell’ottimo riso con verdure, che consumiamo sdraiati all’ombra della falesia con davanti lo stupendo paesaggio della terra tigrina."
Dalla relazione Luca D'Intino (gennaio 2018)
Seguendo il sentiero si raggiunge la chiesa di Maryam Refeda di fatto non visitata dai gruppi di AnnM (ndr) fino a riscendere, passare un pozzo (13.88304, 39.40228) presso il nono chilometro e piazzare le nostre tende sotto un grande albero di sicomoro (13.8856675, 39.3961342), un posto perfetto dove dormire e fare un falò sotto le stelle.
La montagna a ovest della parte finale del tragitto e poi a sud del campo è Debre Mar Terara.
La sera di Natale, la cuoca Mary prepara una torta e ci sorprende con i piccoli fuochi di artificio. La luna spunta più tardi ed abbiamo tempo per dilettarci con la via lattea. Le Pleiadi sono allo Zenith, Orione è appeso nel cielo, seguiamo la linea ideale spada-testa ma la stella polare è coperta dalla amba.
Abuna Abraham አቡነ አብርሀም o Kidane Meheret
Questa chiesa ha diversi nomi. È conosciuto come Debre Tsion, che è il nome della montagna (nella lingua amarica locale debre vuol dire monte e tsion è Sion, il monte su cui è costruita la città di Gerusalemme nella terra di Palestina), Kidane Mehera o Abuna Abraham. La maggior parte delle persone si riferisce ad essa come ad Abuna Abraham Debre Tsion perché c'è un'altra chiesa che si chiama Abuna Abraham che è vicina a questa ma che non ha dipinti e forse fu il primo tentativo si Abraham si scavare nella roccia una chiesa. Ruth Plant la india come Abuna Abraham a pag. 49 del suo libro.
Abuna Abraham Debre Tsion fu la prima chiesa costruita sul monte Debre Tsion da Abuna Abraham (1350-1425 dC), nel 14° secolo. La ricorrenza del santo cade al 21 Hidar (circa a fine novembre) ed i fedeli lo celebrano con una pellegrinaggio ed una festa religiosa. Abuna oggi è il titolo del metropolita capo del clero secolare della Chiesa copta in Etiopia, ma per estensione è il titolo degli alti prelati abissini o lo si premette ai santi.
Come molti altri santi etiopi, Abrahan dimostrava la sua fede con atti di espiazione e vicino alla vecchia chiesa si trova un giaciglio di sassi appuntiti sui quali l'Abuna si rotolava mentre pregava. Il suo corpo giaccia sepolto sotto il pavimento della chiesa.
La tradizione vuole che durante la salita, i fedeli ed i visitatori si fermino a riprender fiato là dove il santo sostava. Una volta saliti al complesso della chiesa, sarete immediatamente colpiti dalla vista della piana di Hawzen sottostante.
Pochi sono i visitatori di questa chiesa indicata anche come Abuna Abraham Debre Tsion o solo Debre Tsion, ma ancor meno saranno quelli che dissentono dalla descrizione di Ruth Plant che la ritiene "una delle maggiori chiese del Tigrai, sia per l'aspetto architettonico che per la devozione di cui è oggetto". Ruth Plant la indica e descrive con il nome di Kidane Meheret (p. 47).
Debre Tsion fu scavata nella parete di arenaria che si erge alla sommità dell'amba che domina da sud il villaggio di Dugem e da ovest le case di Debretsion; offre allo sguardo una facciata molto adorna che colpisce l'occhio soprattutto per le protezioni metalliche aggiunte per proteggere le due porte di ingresso dalle infiltrazioni.
A pianta rettangolare, con sei imponenti colonne che dividono le tre navate che hanno ad est il sanctum. Le cupole interne, gli architravi e le pareti riportano scene e personaggi dell'Antico Testamento, un po’ sbiaditi e danneggiati.
Questa grande e notevole chiesa del 16° secolo è celebre per lo stile eclettico, che comprende cupole decorate, bassorilievi e croci scolpite sulle pareti e sul soffitto. Oltre agli affreschi del 16° secolo, la chiesa vanta un inconsueto ventaglio cerimoniale del 15° secolo con più di un metro di diametro 34 pannelli ognuno dei quali è decorato con la immagine di un santo.
Affascinante il deambulatorio, pure scavato nella roccia, abbraccia a tre navate e a sinistra della chiesa e permette anche l'accesso alla cappella personale dove pregava l'Abuna.
Lettura consigliata: Il guardiano di Debre Tsion di Andre Semplici.
Sopra: pianta di Debre Tsion Abuna Abraham.
Tratto da Finneran, The Archeology of Ethiopia part 2.
Pianta di Mariam Rafeda in Ruth Plant (p. 54) |
Mariyam Airefeda (Mariam Rafeda) La chiesa è stata scavata in alto nella roccia e si affaccia sulla valle a sud verso Debre Tsion. Dietro la chiesa, il panorama domina la piana di Hawzien ed il villaggio di Degum ai piedi della montagna.
Nella facciata di pietra ci sono due porte ed una finestra. La porta a sinistra da accesso al pronao con pesanti dettagli aksumiti ed una porta che si apre sulla galleria centrale della chiesa., quella di destra direttamente nel corridoio laterale. Curiosa la volta a botte al centro del corridoio sinistro che assomiglia alla carena rovesciata di una barca. La navata centrale è crollata nella parte terminale (ad est).
Accesso alternativo: Dalla parte opposta alla salita del nostro trek, si può accedere alla chiesa raggiungendo in macchina Debretion ed affrontando la salita di poco più di mezz'ora dal villaggio sulla scarpata che lo sovrasta.
Distanza |
Disl tot + |
Disl. Tot - |
Alt. max. |
Alt. Min. |
Partenza |
Arrivo |
Tempo |
Coord. |
10.57 km |
523 m |
-620 m |
2.316 m |
1.975 m |
8:24 |
16:17 |
07:53 |
D'Intino |
12 km |
521 m |
609 m |
2.320 m |
8:15 |
16:00 |
3h30' |
Romagnoli |
Max. Velocità |
Velocità media |
Velocità media mov. |
Velocità di salita |
Velocità di discesa |
Tempo in movimento |
Tempo di salita |
Tempo di discesa |
Coord. |
6,97 km/h |
1,32 km/h |
1,97 km/h |
155,8 m/h |
-140,9 m/h |
5:16 |
03:21 |
04:23 |
D'Intino |
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