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Incontro d'amore in un paese di guerra

Sepúlveda Luis


Editeur - Casa editrice

Tea

America del Sud
Bolivia



Città - Town - Ville

Milano

Anno - Date de Parution

1997

Pagine - Pages

200

Titolo originale

Desencuentros - Traduzione di Ilide Carmignani

Lingua originale

Lingua - language - langue

italiano

Edizione - Collana

Tea due

Ristampa - Réédition - Reprint

2000

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Incontro d'amore in un paese di guerra

Incontro d'amore in un paese di guerra Incontro d'amore in un paese di guerra  

"Non c'è motivo per cui le nostre storie di oggi debbano essere avvenute proprio ora"
Günter Grass

L'amore entra nella scrittura di Sepúlveda in modo straordinariamente intenso: l'amore sognato, l'amore ricordato, l'amore perso o mai incontrato, molto più di quello presente e reale. Forse solo la dimensione dell'immaginazione, o del ricordo, permette ai sentimenti di esprimersi in modo così intenso e violento, o così tenero e dolce: la dolce Mabel, muta custode di un amore inaspettato o Isabel, un sogno, un luogo dell'anima, la passione, il desiderio, l'offerta gratuita del proprio corpo, solo promessa e mai realizzata.
Ma altre figure, e altri sentimenti vengono delineati nelle poche pagine di un racconto dall'autore, figure di perdenti, piccoli personaggi della quotidianità. Il venditore abusivo di cioccolatini, protetto dalla Madonnina della Pietà e rispettato dai piccioni della piazza. Il senso di sconfitta, di fallimento di un sentimento (o dell'intera vita?) diventa sapore, quindi qualcosa di fisico, che si riesce ad assaporare con il caffè, "questo caffè sa di fallimento". In certe occasioni il caffè ha sapori particolari, sa "di oblio, di disprezzo, di odio gentile e monotono", ma è il fallimento che può dare il senso doloroso della fine di un sentimento. Ma oltre a un amore che finisce, ci sono gli amori che non nascono: un mazzo di gardenie che appassisce, la timidezza che impedisce di suonare il campanello della porta della ragazza, una fantAsia che immagina ogni suo gesto al di là di quella porta.
Il secondo tema della raccolta, quello politico, propone altre figure di sconfitti, di generosi perdenti di una guerra che forse non si concluderà mai. Un pugile, un "campione" che muore prima ancora di combattere, che utilizza la sua fama sportiva come lasciapassare per penetrare in Bolivia e qui svolgere attività rivoluzionaria. Dodici confinati politici che fanno rivivere una vecchia locomotiva abbandonata, emblema di una voglia di libertà che nulla può annientare. La violenza di un generale che insanguina la sua strada per il potere come rivalsa per un'infanzia da bastardo.
Tutti i personaggi di questi racconti, tra loro così diversi e lontani, rappresentano per il lettore la scoperta di un mondo coerente nella sua brutalità e nella sua struggente Malinconia, un mondo di sconfitti dall'amore e dalla storia.

 


Recensione in altra lingua (English):

Una pagina:

"Sono un uomo perbene. Ho paura."
José Martì

Ero contento. Quella sera avevo un appuntamento. Qualcuno da toccare, da guardare, con cui parlare. Con cui dimenticare la morte, pane quotidiano.
La donna mi piaceva. Mi era piaciuta fin dalla prima volta che l'avevo vista in un caffè di Panama City. In quell'occasione accompagnava l'uomo corpulento che ci aveva dato le istruzioni necessarie e le parole d'ordine per passare in Costa Rica, e da lì proseguire fino al confine settentrionale dove ci saremmo uniti al grosso della brigata.
La donna non aveva preso parte alla conversazione. Anche al momento dei saluti era rimasta in silenzio. Una forte stretta di mano, nient'altro.
Pablo era con me quel giorno, e una volta che i contatti se ne furono andati ci facemmo diversi giri di cubalibre.
"Ti è piaciuta", mi disse.
"Certo. È normale, no? C'è sempre qualche donna che ci piace."
"Occhio, fratello. È meglio che la dimentichi."
"Non ho detto di esserne innamorato."
"Meglio così. Non pensare più a lei."
Pablo morì pochi giorni dopo aver varcato il confine e fui contento di non essere con lui quando accadde. Fu orribile, come tutte le morti. Venni a saperlo grazie a un comunicato di guerra, e in seguito dalla bocca di un compagno che mi raccontò i particolari.
La colonna di Pablo era riuscita ad avanzare per vari chilometri da Peñas Blancas verso Rivas. Scendeva la sera quando scoprirono una capanna abbandonata e, dopo aver fatto un'ispezione, decisero di passarvi la notte. L'unico sopravvissuto, quello che mi raccontò la storia, era riuscito a salvarsi solo per un colpo di fortuna. Il comandante della colonna gli aveva ordinato di restare di sentinella fuori dalla capanna. Accadde tutto molto in fretta. All'interno trovarono un po' di legna, e fra i pezzi la guardia aveva piazzato una trappola acchiappababbei. Qualcuno della colonna decise di accendere un fuoco e, quando sollevò un legno, l'esplosione li uccise tutti.
Non pensavo a Pablo mentre mi dirigevo nel posto concordato. Pensavo alla donna.
Erano già molti mesi che non abbracciavo un corpo tiepido, un corpo morbido, qualcuno che mi facesse domande, qualcuno che rispondesse alle mie. Era passato troppo tempo senza dare né ricevere un po' di tenerezza. Il tempo giusto per trasformarsi in una bestia in mezzo alla guerra.

Eravamo a Rivas, ed era la terza volta che prendevamo la città in meno di due mesi. A quanto pareva adesso la guardia era abbastanza indebolita e saremmo rimasti lì per un breve periodo prima di proseguire alla volta di Belèn, dove ci saremmo divisi per attaccare contemporaneamente Jinotepe e Granada.
Era stata lei a rivolgermi la parola mentre stavamo in fila per ricevere i rifornimenti.
"Tu e io ci conosciamo. Ricordi?"
"Certo che mi ricordo. Posso dirti quante gambe aveva il tavolo del caffè a Panama City."
Lei aveva riso.
"A volte la memoria non è una buona compagnia. Bisogna saper dimenticare in fretta".
Dopo aver preso le nostre provviste, eravamo andati a sederci nella piazza, all'ombra.
"Questa dev'essere una città molto bella quando non c'è la guerra. Una città in cui godersi il tramonto con la brezza del lago che ti accarezza la schiena."
"È una bella città. Io sono del posto."
"Hai famiglia qui?"
"Preferisco non parlarne."
"Va bene. Se non ti va... Un'ultima domanda. Dov'è il compagno del nostro incontro a Panama?"
"Morto", aveva risposto lei.
L'uomo aveva ricevuto istruzioni di avanzare verso est, la sua colonna doveva chiudere la tenaglia che si stringeva su Bluefields. Le forze di Pastora attaccavano da San Juan del Norte e l'uomo, dopo sette anni di lotta su quelle montagne, conosceva molto bene la zona. C'erano state alcune scaramucce, poi avevano occupato Juigalpa e da lì avevano proseguito fino a Rama, dove la guardia aveva teso loro una trappola, obbligandoli a ripiegare in una zona paludosa. Dopo vari attacchi dell'aviazione somozista, era stato catturato assieme a pochi altri sopravvissuti. Prima di dar loro il colpo di grazia, li avevano sgozzati vivi tutti quanti.


© 1997, Ugo Guanda Editore S.p.A.



Biografia

Sepúlveda Luis

Luis Sepulveda è nato in Cile nel 1949 e viveva in Spagna, nelle Asturie fino alla tragica scomparsa nel 2020, dopo aver abitato ad Amburgo e a Parigi. Amatissimo dal pubblico italiano, ha pubblicato raccolte di racconti e romanzi di grandissimo successo:
La frontiera scomparsa,
Il vecchio che leggeva romanzi d`amore,
Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare,
Diario di un killer sentimentale
tutti editi da Guanda. Sempre presso Guanda è apparsa la conversazione con Bruno Arpaia, dedicata ai temi della letteratura, della politica, dell`impegno sociale e del ruolo dello scrittore " Raccontare, resistere".
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