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19/04/2024 02:08:48

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Talebani

Islam, petrolio e il Grande scontro in Asia centrale

Rashid Ahmed


Editeur - Casa editrice

Feltrinelli

Asia

Afghanistan


Città - Town - Ville

Milano

Anno - Date de Parution

2002

Pagine - Pages

316

Titolo originale

Taliban. Islam, Oil and the New Great Game in Central Asia

Lingua originale

Lingua - language - langue

italiano

Edizione - Collana

Universale economica. Saggi

Traduttore

Bruno Amato, Giovanna Bettini, Stefano Viviani


Talebani Talebani  

Non appena fu chiaro che vi era ormai una resistenza antisovietica, alcuni Paesi si coalizzarono per sostenerla, armarla, finanziarla e cacciare i sovietici dalla regione. Stati Uniti, Pakistan, Arabia Saudita, Paesi del Golfo, Cina e Iran non poterono formare un’alleanza perché ciascuno di essi aveva i propri interessi, spesso diversi da quelli degli altri «compagni di viaggio». Ma si divisero pragmaticamente le parti e ciascuno di essi svolse una efficace azione complementare. Il Pakistan intervenne con la rete del suo servizio segreto (l’Isi) e assicurò alla resistenza un prezioso retroterra logistico. Gli Stati Uniti fornirono missili terra- aria Stinger (un’arma micidiale contro gli aerei sovietici) e consiglieri militari per l’addestramento dei mujaheddin. La Cina dette armi e l’Arabia Saudita, grazie ai proventi petroliferi provocati dall’aumento del prezzo del petrolio nel decennio precedente, divenne il tesoriere della coalizione.
Tutti insieme, infine, aiutarono in vari modi i volontari islamici che correvano in Afghanistan a combattere il nemico sovietico.

 


Recensione in altra lingua (Français):

Le prime righe

Introduzione

I "santi guerrieri" dell'Afghanistan

In un tiepido pomeriggio di primavera nella città meridionale di Kandahar, i bottegai afgani stavano abbassando le saracinesche preparandosi al fine settimana. Lungo le stradine polverose, robusti pashtun con la lunga barba e il turbante nero strettamente avvolto alla testa si incamminavano verso il campo sportivo della città, appena dietro il bazar principale. I bambini, molti dei quali orfani e vestiti di stracci, correvano avanti e indietro per le strade, gesticolando e strillando eccitati all'idea dello spettacolo cui stavano per assistere.
Era il marzo del 1997 e da due anni e mezzo Kandahar era la capitale dei feroci guerrieri islamici e talebani che avevano conquistato due terzi dell'Afghanistan e ora combattevano per impadronirsi del resto del paese. Una manciata di talebani aveva combattuto l'Armata rossa negli anni ottanta, altri avevano lottato contro il regime del presidente Najibullah, rimasto al potere quattro anni dopo che nel 1989 le truppe sovietiche si erano ritirate dall'Afghanistan.


Recensione in lingua italiana

Come Osama Bin Laden divenne nemico dell’America
"Lettere al Corriere" risponde Sergio Romano

Nella sua risposta «Le Torri,
il Pentagono e la teoria del complotto» lei conclude dicendo: «Chi crede al complotto finirà per credere che anche Osama è un agente della Cia». Io personalmente non credo alla teoria del complotto, ma Osama è stato un agente della Cia!
Ai tempi della guerra contro l’Urss, Osama e i suoi sono stati aiutati, addestrati e finanziati dagli Usa. Dopo le stragi a New York l’unico aereo autorizzato a volare sugli Usa è stato quello che ha raccolto e portato via i familiari di Osama.
Si può certo dire che (come nel caso di Saddam, aiutato e finanziato contro l’Iran), gli Usa hanno pensato di poter allevare mostri e poi disfarsene velocemente, ma purtroppo è terribilmente pericoloso scherzare con i demoni.

Giovanni Battista Fiore, fiorgioba@hotmail.com

Caro Fiore,
anch’io ho scritto, in parecchie occasioni, che Osama Bin Laden è stato per molti anni alleato degli Stati Uniti nella guerra contro i sovietici. Ma l’etichetta «agente della Cia», con cui lei ha descritto il suo ruolo in quegli anni, non è giusta e rischia di trasformarsi in leggenda rendendo del tutto incomprensibile ciò che accadde in Afghanistan dopo l’invasione dell’Armata Rossa nel dicembre del 1979.
La rivolta dei mujaheddin scoppiò agli inizi del 1980 e fu per molti aspetti un avvenimento spontaneo, nello stile e nella tradizione di un Paese che ha sempre mal tollerato gli interventi stranieri nel proprio territorio.
Ma non appena fu chiaro che vi era ormai una resistenza antisovietica, alcuni Paesi si coalizzarono per sostenerla, armarla, finanziarla e cacciare i sovietici dalla regione. Stati Uniti, Pakistan, Arabia Saudita, Paesi del Golfo, Cina e Iran non poterono formare un’alleanza perché ciascuno di essi aveva i propri interessi, spesso diversi da quelli degli altri «compagni di viaggio». Ma si divisero pragmaticamente le parti e ciascuno di essi svolse una efficace azione complementare. Il Pakistan intervenne con la rete del suo servizio segreto (l’Isi) e assicurò alla resistenza un prezioso retroterra logistico. Gli Stati Uniti fornirono missili terra- aria Stinger (un’arma micidiale contro gli aerei sovietici) e consiglieri militari per l’addestramento dei mujaheddin. La Cina dette armi e l’Arabia Saudita, grazie ai proventi petroliferi provocati dall’aumento del prezzo del petrolio nel decennio precedente, divenne il tesoriere della coalizione.
Tutti insieme, infine, aiutarono in vari modi i volontari islamici che correvano in Afghanistan a combattere il nemico sovietico.
Nel suo bel libro sui «Talebani», pubblicato da Feltrinelli nel 2001, il giornalista pakistano Ahmed Rashid scrive: «Tra il 1982 e il 1992, circa trentacinquemila radicali musulmani provenienti da quarantatré Paesi islamici di Medio Oriente, Africa settentrionale e orientale, Asia centrale ed Estremo Oriente partecipano al loro primo combattimento a fianco dei mujaheddin afghani ». E mentre si forma nel mondo la prima grande Legione arabo musulmana, il denaro dell’Arabia Saudita permette ad «altre decine di migliaia di radicali musulmani stranieri» di studiare nelle centinaia di nuove madrasa (le scuole coraniche) che si sono aperte in Pakistan e lungo il confine con l’Afghanistan.
È questo il quadro in cui occorre collocare l’arrivo di OsamaBin Laden nella regione. Secondo Rashid, il servizio segreto pakistano insistette a lungo presso il servizio segreto di Ryad per l’invio in Afghanistan di un principe che potesse esercitare funzioni di comando e dimostrare l’impegno del regno saudita a favore della jihad. La persona prescelta fu per l’appunto Osama. Non era un principe, ma aveva molte amicizie a corte ed era il rampollo di una delle più influenti personalità economiche del regno. Comincia da quel momento l’irresistibile ascesa del fondatore di Al Qaeda. È certamente possibile accusare Osama di molti crimini.
Ma non credo che gli si possa rimproverare di essere stato «agente della Cia».Èstato sempre coerentemente islamista e ha dichiarato guerra agli Stati Uniti dopo la Guerra del Golfo, quando gli americani si servirono del territorio saudita per attaccare l’Iraq e vi si installarono successivamente con due grandi basi militari. È un terrorista, certo, ma non privo di una sua diabolica coerenza.


Biografia

Ahmed Rashid , pachistano, collabora a "Far Eastern Economic Review", "Daily Telegraph", "Le Monde diplomatique", Cnn e Bbc sui temi relativi all'Asia centrale. Segue il conflitto in Afghanistan da prima ancora dell'invasione sovietica del 1979 ed è stato per lungo tempo l'unico giornalista accreditato. Nel corso di questi anni ha avuto modo di intervistare tutti gli attori più importanti nell'area del conflitto afgano. Ha anche scritto: Nel cuore dell'Islam (2002).