Mangystau

con AnM e Marco Vasta nel più colorato dei deserti dipinti

1a ediz. 28/5-5/6 22 / 2a ediz. 3-11 set 22 / 3a ediz. 26/8- 3/9 23 / 4a ediz.  13-28 aprile 2024

Guida al Mangystau

e Kazakistan in breve: cultura, società, guida in viaggio

Ultima modifica: 12/01/2024 15:07:51

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Ayrakty - Jylshy - Sherkala - Valle di Torish - Shakpak Ata - Aqtau

Moschee e luoghi di culto Necropoli del Mangystau

Il gruppo Ayrakty da nord -M.Vasta©23
Canyon Jylshy - Andrea Fabris©2022
Canyon Jylshy - Marco Vasta ©2023

Su
Italia - Aqtau
Aqtau -Kyzylkup
Kyzylkup - Kendirli sor
Kendirlisor - Kokesem
Kokesem - Bozzhira
Bozzhira
Bozzhira - Ayrakty
Ayrakty - Aqtau
Aktau - Italia

Canyon di Jylshy

Se l'orario e il tempo meteorologico lo consentono, possiamo effettuare una camminata più o meno lunga nella gola di Jylshy (kaz: Жылшы каньоны, ru: Джылшы Каньонsu), incredibile lunga frattura scavata dall’erosione dell’acqua in una formazione di gesso (tanto per cambiare). La formazione è minacciata dalla mire estrattive e tracce di ruspe hanno già raggiunto l'area del canyon.

La camminata è di circa cinque chilometri (andata e ritorno), tra pareti bianco latte scolpite dagli agenti atmosferici.

Per raggiungere il canyon dal campo di Ayrakty occorre circa un'ora su pista dirigendosi con un ampio giro verso nord est, cioè aldilà delle creste che chiudono la valle.

Al mattino, smontato il campo, ripercorriamo il tratto di ingresso e passiamo aa nord del colle posto a nord del campo di Ayrakty.

Tornati sul percorso della tappa precedente, r Raggiungiamo Tauchik (Taushik, Taushyq, Taūshyq, Таучик) dove è possibile rifornirsi di alimentari  e di combustibile (metano e diesel) ed avere copertura telefonica e dati per un breve tratto.

La rotta punta a Torish, la Valle delle sfere, cosparsa di centinaia di gigantesche palle di pietra, alcune delle quali con un diametro superiore ai tre metri. enormi pietre sferiche disseminate in un suggestivo paesaggio collinare.

 

Siamo usciti dalla Riserva naturale di Ustyurt (russo: Устюрт национальный заповедник / Ustyurt natsional'nyy zapovednik; kazako: Үстірт Қорығы / Üstirt Qorığı) istituita il 12 luglio 1984 dall'allora Repubblica Socialista Sovietica Kazaka (RSSK). Ricopre un'area di 2,230 km² (grande quanto la Lombardia) ed è situata sull'altopiano di Ustyurt, che si estende oltre i confini del Kazakistan in Uzbekistan e Turkmenistan. Suo scopo sarebbe quello di preservare l'ambiente desertico e le rare forme di flora e fauna che ospita. Entro i confini della riserva si trovano il monte Sherkala e la Valle delle Sfere. Inoltre, la riserva ospita una grande varietà di flora e fauna.

 

Clicca sul rettangolino in alto a destra per il pieno schermo C'è chi striscia il badge e chi ha indossa il collare... lavorare stanca...

La storia geologica della penisola di Tüpqaraghan, percorsa nel primo giorno, e di tutta la più ampia area del Mangyshlak è veramente complessa e sconvolgente per il profano che volesse addentrarsi fra innalzamenti ed abbassamenti della zolla terrestre in questa area a sud della Piattaforma Russa.

Neppure il più paziente dei geologi riuscirà mai a farmi comprendere la progressione della storia della terra. Ci ho provato adolescente cercando inutilmente di capire la geologia della Val di Fassa e neppure ora mi oriento fra nomi di derivazione inglese, Devon o Cambria, e i suffissi in "zoico" che si susseguono nelle varie ere. L'unica è godermi il paesaggio e la compagnia degli amici in viaggio.

Per gli appassionati, una breve ma complessa sintesi è presentata nella proposta di creazione del Parco geologico del Mangystau in questo documento.

 

Mangystau e Tupkaragan

 

Se il Mangystau (nel sito uso questa grafia) è parzialmente una penisola, il Tupkaragan  è la sua parte più occidentale. Entrambi i toponimi sono sia geografici che amministrativi, infatti Oblast (regione) e Audan (distretto). La regione del Mangystau (Mangghystau, in kazako: Маңғыстау облысы, traslitterato: Mańǵystaý oblysy; in russo: Мангистауская область, traslitterato: Mangistauskaja oblast) si estende per circa 400 km sia in latitudine che in longitudine. Essendo occupato per una buona fetta dalla depressione caspica vede le quote scendere fino a 70 metri sotto il livello medio dei mari. Il resto del territorio si estende sui bassi altopiani di Mangystau, ricompreso interamente nei confini regionali e culminante a 556 metri di quota, e sul più grande altopiano Ustjurt, condiviso con l'Uzbekistan.

Poluostrov (penisola in russo) Tyub-Karagan o Tupqaraghan Tubegi è la piccola penisola che costituisce la parte più occidentale della penisola del Mangystau. La costa settentrionale. oltre ad alcune depressioni, offre diversi canyon che scendono al mare e, con paragone forse improprio, potrebbero ricordare i wadi dell'Oman.

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La valle delle Sfere

Sergey Khachatryan© dicembre 2019
Paratedite, quando l'Italia era ancora Africa...

Secondo il folklore dei pastori Aday, l'antico gruppo etnico dominante nel Mangystau, le sfere rappresentano i corpi degli invasori attaccanti congelati in posizione da un potente santo Aday.

Gli enormi noduli, per alcuni geologi di ferromanganese, sono come palle da biliardo sparse sull'altopiano e le ritroviamo non solo nella valle delle sfere. Le "palline" si formarono sul fondo del mare e poi, più resistenti agli agenti atmosferici, rimasero sul fondale emerso mentre altri calcari e dolomie venivano erosi dall'acqua.

Arrivando sul ciglio della valle delle sfere si ha l’impressione che dal cielo siano piovute pietre sferiche. La vallata ne è piena, di ogni dimensione, dalle più piccole alle più massicce. Tali rocce, di forma sferica, dovrebbero essersi formate probabilmente dal Giurassico medio all'inizio del Cretaceo (180-120 Ma). Probabilmente sono costituite da cemento silicato o carbonato. La maggior parte dei geologi che le ha esaminate afferma che sono concrezioni giganti e sono composte per la maggior parte di silicio. I geologi le definiscono “concrezioni”, e di solito si formano attorno ad un nucleo (ad esempio, una conchiglia).

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Il Torysh Geomorphosite si trova nella parte settentrionale della valle del Karatau, a nord-est del villaggio di Taushyk. Le concrezioni sferiche, che sono uno dei siti turistici più conosciuti del Mangystau, formano interi campi e questo luogo è chiamato la valle delle concrezioni sferoitiche (come se fossero degli enormi calcoli renali - impossibili da espellee).

Le concrezioni sabbiose sono confinate allo spessore argilloso-sabbioso del Cretaceo inferiore nello stadio Albiano (K1al), sviluppatosi nella valle del "Kara-Tatau". Insieme a loro, ci sono strati di noduli di fosforiti ovunque. I noduli si trovano sia sotto forma globosa regolare, discoidale, sia dai contorni più vari e bizzarri, raggiungendo spesso dimensioni gigantesche fino a 3-5 metri di diametro. Ci sono molte teorie e ipotesi sull'origine di queste formazioni, a volte le più fantastiche. Una delle teorie scientificamente valide è la formazione come risultato della deposizione chimica della materia. Qualsiasi formazione, ad esempio resti fossili, accumuli di altri minerali, materia carboniosa, ecc., può fungere da nucleo di un "seme" attorno al quale precipitano silice, calcite e altre sostanze, in questo caso materiale sabbioso.

Questo accumulo avviene in direzione concentrica e la forma delle formazioni dipende dalla permeabilità delle rocce. Se la roccia mostra la stessa permeabilità in tutte le direzioni, le formazioni avranno una forma arrotondata regolare, se in due direzioni avranno la forma di un disco, in caso di permeabilità irregolare si formeranno forme molto fantasiose. La formazione di concrezioni può avvenire anche a causa della contrazione per diffusione delle sostanze chimiche ai nuclei che attivano questo processo, i "semi". La fauna è principalmente confinata a noduli, intercalari sabbiosi e intercalari con noduli di fosforiti: ammoniti, ostriche, ricci di mare, belemniti, denti di squalo.

Liberamente tradotto da Landscape ecc.

 

Le rocce nella circostante regione di Torysh sono in gran parte calcare e arenaria, depositate in un ambiente marino poco profondo principalmente durante il Mesozoico. L'arenaria e il calcare sono noti per essere serbatoi di petrolio e gas naturale. Di conseguenza, molti giacimenti petroliferi abbondanti sono presenti nel Kazakistan occidentale. La roccia del serbatoio deve essere porosa in modo che petrolio e gas naturale possano fluire attraverso la roccia. Le concrezioni richiedono la stessa porosità, quindi non sorprende che si presentino in tali rocce.

Molti però sono convinti che si tratti di manufatti, teoria a sostegno della quale però non vi sono prove:  le sfere sono state create da extraterrestri o da umani antichi e tecnologicamente avanzati.

Una spiegazione scientifica ma fantasiosa è fornita da Gennadiy Tarasenko, geologo di Aktau. Gennadiy pensa che le concrezioni siano il risultato dell'elettricità nella crosta terrestre. Secondo la sua teoria, i fulmini sotterranei lunghi molte miglia, innescati dal vulcanismo e dagli spostamenti delle placche, creano "palle di fuoco al plasma" che poi accumulano minerali. Tarasenko sostiene anche che la terra è cava al suo interno...

 

Fonti:

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Asima G. Кoshim, Aigul M. Sergeyeva, Roza T. Bexeitova, Aliya S. Aktymba Landscape of the Mangystau region in Kazakhstan as a geomorphotourism destination: a geographical review. in GeoJournal of Tourism and Geosites

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Kazakhstan valley filled giant balls has geologists and fringe scientists534

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Valley balls rocks

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These Barren Plains Hold a Mystery No One Can Crack (National Geographic)

 

 

Un mondo di sfere

Queste formazioni non sono una rarità sulla terra perché si trovano facilmente anche in Nuova Zelanda dove sono chiamate Moeraki Boulders (Massi di Moeraki) ed in altre località dell'orbe terràcqueo. Alcune di origine naturale, altre forse create dall'uomo, ma è certo che sollevano parecchia meraviglia e molti dubbi.

 

Moeraki Boulders (Nuova Zelanda)

Sulla spiaggia di Koekohe vicino a Moeraki, una piccola città sulla costa di Otago di Aotearoa (Nuova Zelanda). sono emerse poco alla volta delle grandi sfere di pietra, che un tempo erano completamente sepolte dalla sabbia. Il loro aspetto è curioso in quanto molto spesso hanno la superficie ricoperta da una sorta di reticolo. Si tratta di concrezioni in calcite che si formarono originariamente circa 60 milioni di anni fa nel Paleocene inferiore.  Per milioni di anni, i massi sono rimasti sepolti sottoterra, coperti dal tempo. Lentamente, sono emersi mentre le onde lavavano via i sedimenti che li ricoprivano.

Secondo le leggende locali, però, la loro origine è un’altra. Le sfere non sono altro che la pietrificazione di ciò che era contenuto a bordo di Arai-te-uru, una grande canoa a vela. Sono i resti di cesti di anguille, kumara e zucche che si sono riversati sulla riva dopo il naufragio. I banchi rocciosi che si estendono da Matakaea (Shag Point) rappresentano lo scafo pietrificato della canoa, dicono i Maori, e il vicino promontorio roccioso rappresenta il corpo del capitano. Il reticolo sulle sfere sono le reti che contenevano il carico.

Fonti:

Stone Balls_New_Zealand

Moeraki boulders

 

Las Bolas del Costarica

Le famose sono sfere di pietra del Costa Rica, dette anche “Las Bolas”. Vennero riscoperte negli anni Trenta, e da allora molte di esse sono state rimosse dalla posizione originale. Nel caso delle sfere del Costa Rica, parliamo di manufatti umani di varie dimensioni. Secondo gli studiosi sono opera di un’antica civilizzazione nota come cultura Diquìs.

La perfezione delle sfere lascia davvero sbalorditi. Pensare che siano state intagliate con strumenti rudimentali è davvero difficile. La gente del posto infatti vocifera che i loro antenati conoscessero una magia per convincere la pietra a diventare liquida. Secondo gli studiosi è stata usata una pratica che consisteva nel riscaldare e poi raffreddare il granito, in modo da renderlo più malleabile.

Prima che le autorità fossero avvisate e potessero intervenire fu compiuto un vero e proprio scempio. Le sfere vennero perforate con attrezzature meccaniche e al loro interno fu messo dell’esplosivo. Venivano fatte saltare in aria nella convinzione che al loro interno di celasse l’oro. Fortunatamente oggi le sfere del Costa Rica non possono più essere manomesse in questo modo barbaro. Nel 2014 l’UNESCO ha dichiarato questi manufatti Patrimonio dell’Umanità.

Fonti:

Sfere di pietra della Costa Rica

 

Foresta Podubravlje (Bosnia)

Nel 2016 Sam Osmanagich, archeologo bosniaco, trovò una grande sfera del diametro di un metro e mezzo sepolta nella foresta di Podubravlje. Subito dichiarò che doveva essere ciò che restava di un’antica civiltà, e che quella doveva essere di gran lunga la sfera più grande ritrovata in Europa. Il colore della sfera fece supporre che fosse in parte costituita di ferro. Dall’altro lato, gli studiosi affermarono subito che si doveva trattare di una conformazione naturale.

Negli anni precedenti Osmanagich aveva trovato altre sfere in quella zona, anche se più piccole. Nella sua opinione, sono collegate alle piramidi che lui stesso dichiara di aver riscoperto. Non ci risulta che siano stati condotti ulteriori studi per verificare la vera natura della grande sfera bosniaca. «È una sciocchezza», dice anche Anthony Harding, presidente dell’associazione europea degli archeologi

Fonti:

Bosnia, la «misteriosa» palla gigante trovata nella foresta (Corriere TV)

Found a massive mysterious rock sphere in Bosnia

Biggest stone ball europe just discovered bosnia

 

Moqui Marbles (Glen Canyon)

Le “moqui marbles” non hanno le dimensioni delle pietre sopra descritte, ma sono più piccole e composte per lo più di ematite. In questo caso non vi è dubbio che siano conformazioni naturali. Si trovano un po’ ovunque in Arizona, nel sud del Nevada, nel Colorado settentrionale e nello Utah. Sono pietre che aveva però un’importanza primaria per gli sciamani delle tribù dei nativi, in particolar modo degli Hopi.

Le pietre servivano per curare e per dialogare con gli antenati, “moqui”, da cui il nome delle pietre. Sono conformazioni rocciose che possiedono una grande energia, e sembrano essere simili alle rocce di Marte chiamate “mirtilli marziani”.

Fonte:

Moqui Marbles of Utah and Martian Blueberries Are Strangely Similar.

 

Champ Island (Circolo Polare Artico)

Le sfere di pietra rinvenute in Russia e più precisamente su Champ Island. Su quest’isola remota dell’Artico, che non è mai stata abitata, lungo la costa si trovano centinaia di pietre tonde. Alcune sono molto piccole, altre misurano diversi metri di diametro. Ancora una volta i geologi danno la loro spiegazione, anche se in questo caso non è univoca.

Alcuni dicono che le rocce vengono dal mare e dal moto ondoso sono state lavorate. Il che potrebbe andar bene per le più piccole ma non per quelle più grandi e massicce. Anche in questo caso, un’altra spiegazione molto quotata è quella delle concrezioni.

Fonti:

Champ Island

 

Le sfere di  Sereulsky

Sempre in Russia, nel 2016 il giornale Siberian Times riportò la notizia di grandi massi sferici di circa un metro di diametro ritrovati nella miniera di carcone di Sereulsky, nel Distretto di Nazarovo (regione di Krasnoyarsk):

Dei minatori stavano conducendo dei lavori di scavo e incontrarono dieci di queste sfere massicce. Curiosamente, una volta riportate in superficie, si notò che diventavano rossastre quando pioveva: ovvero, tendevano ad arrugginire, segno che vi era del materiale ferroso al loro interno. Ancora una volta, i geologi dissero che si trattava di conformazioni naturali, rare invero, ma non impossibili per la natura.

Fonte:

Dinosaur eggs, meteorites, signs of an ancient civilisation: what are these giant balls?

 

Il Peter Kolosimo delle palle

 
 

La grande diffusione di queste sfere di pietra conferma la loro origine naturale, tranne che per quelle ritrovate in Costa Rica, le uniche per le quali si sia accertata invece l’origine umana (anche se la tecnica usata ancora sfugge). Poi c’è l’interpretazione di Erich von Däniken, il quale nel suo libro “Chariots of the Gods?” parla di esseri venuti dal cielo in epoche remote, extraterrestri che avrebbero lasciato la loro impronta (e i loro manufatti) sul pianeta Terra.

Gli extraterrestri torneranno (Erinnerungen an die Zukunft) è un saggio dell'autore svizzero che espone i risultati delle proprie ricerche sulla teoria degli antichi astronauti.

Nel suo libro, originariamente edito in Germania nel 1968 dall'editore Econ Verlag e distribuito per la prima volta in Italia nel 1969, von Däniken correla la costruzione di grandi strutture antiche, come le piramidi egizie o Stonehenge, monumenti come i Moai sull'Isola di Pasqua e reperti storici come la Mappa di Piri Reis, alla visita di entità aliene che contribuirono all'evoluzione dell'uomo sulla Terra, avvalorando le sue teorie relative all'archeologia misteriosa relazionate a una interpretazione dei testi presenti nella Bibbia.

Il saggio, pur non trovando credito nell'ambiente scientifico, divenne un best seller internazionale, tradotto in numerose lingue, dando spunto al regista tedesco Harald Reinl di realizzare un'omonima trasposizione cinematografica, disponibile su YouTube.

Erich von Däniken, Gli extraterrestri torneranno, Ferro, 1969,

Erich von Däniken, Gli extraterrestri torneranno, Milano, Armenia Editore, 1976

Erichvon Däniken, Gli extraterrestri torneranno, Ristampa, Roma, Libreria Editrice Aseq, 2015.

Fonte

These giant stone spheres are out of this world but not literally/

 

Flora dell'Ustyurt

La flora della riserva non è ricca come quella dell'altopiano di Ustyurt, la riserva è principalmente un deserto con depressioni e doline con fessure in cui a volte si trovano strati di due metri di antiche rocce gessose. Le piante tipiche per tale località sono il cactus, la salvia grigia, la nassella, la stipa, la Anabasi salsa, la Batis maritima ed altre. In questo territorio cresce anche una rara specie di piante come il sottobosco di pioppo asiatico (Populus diversifolia). L'Ustyurt meridionale è caratterizzato da takyr (russo: Такыр, dal termine kasako o turco), il terreno a zolle piatte e separate semiaride con vegetazione più variabile.

 

Fauna dell'Ustyurt

La fauna della riserva è rappresentata da varie specie di serpenti e lucertole, tra cui vi sono rare specie di gechi che vivono solo nell'Ustyurt. Tra gli uccelli, predominano soprattutto i predatori: avvoltoi, falchi e anche aquile reali, aquile imperiali e aquile della steppa.

La fauna della riserva non è molto ricca. La riserva ospita diverse specie di jerboas, lepre della sabbia e altre specie. Circa 44 specie di mammiferi sono registrate nel territorio della riserva. Si possono incontrare lupi e sciacalli ma anche la donnola e il furetto della steppa. Tra gli animali più diffusi, anche se esigui di numero, vi sono la saiga (Saiga tatarica tatarica), la gazzella persiana o gazzella gozzuta (Gazella subgutturosa Güldenstädt, 1780) e il muflone di Ustyurt (Ovis orientalis arkal) che sono considerati rari vivono solo nel territorio di Ustyurt e Mangyshlak.

Animale simbolo dell'altopiano, la saiga è stata inserita nella lista rossa delle specie in pericolo dell'Unione internazionale per la conservazione della natura. Il numero di queste antilopi è drammaticamente diminuito nel corso degli ultimi vent'anni, passando da un milione di esemplari agli inizi degli anni '90 ai circa 40.000 attuali, dei quali 10.000 stanziati sull'altopiano di Ustyurt. Malgrado le strette misure di conservazione e la creazione di aree protette in Uzbekistan, Kazakistan e Turkmenistan, il numero di saighe è continuato a diminuire a causa di un intenso bracconaggio. La sua carne è infatti molto ricercata, ma sono soprattutto le sue corna, utilizzate dalla medicina tradizionale cinese come un'alternativa al corno di rinoceronte e vendute a un prezzo molto elevato, l'origine dei numerosi abbattimenti. La Cina si è da allora impegnata a ingaggiare una lotta contro la vendita illegale di queste corna, poiché, se non verranno prese apposite misure, la saiga è condannata a scomparire nel giro dei prossimi cinque-sette anni.

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Moschea ipogea, ingrandisci e segui
le due frecce rosse
Sorgente a Shaiyr - Шайыр
Kokala vista dall'alto

Il percorso dopo Tauchik può variare a seconda delle condizioni delle piste. È possibile seguire la strada asfaltata che, prima di raggiunge Shaiyr - Шайыр, permette di rifornirsi alla pompa dell'acqua presso un capannone che funge da Centro Culturale - Мəдениет Үйі.

Oppure, senza ripassare da Tauchik, dalle sfere si prosegue direttamente verso est seguendo la pista che attraversa una distesa pianeggiante che diviene un lago stagionale dopo abbondanti piogge.

Lungo il percorso, sulla sinistra della pista sterrata, sulla scarpata si riesce ad individuare una porta pitturata in blu che da accesso ad una moschea ipogea mai entrata in funzione.

Sia che si segua la strada asfaltata, sia che si attraversi ia piana del lago stagionale, nei pressi di Shaiyr - Шайыр è possibile il rifornimento di acqua di sorgente. Vicino ad un grande capannone dalla volta a botte che GMaps indica come Мəдениет Үйі (Casa della Cultura),c' è una "fontana" da cui sgorga un flusso continuo d'acqua sorgiva. Talvolta si trova un autista che si fa direttamente la doccia sotto il getto. L'acqua è potabile ed ottima e permette di riempire (refil) nuovamente canestri, taniche e borracce. Un gazebo in ferro offre ombra e si può allestire un pranzo volante se non si è fatto nella valle delle sfere.

 

Le pecore Karakol

Il kolkoz venne istituito negli anni '30 del secolo scorso. Oggi il villaggio di meno di 2000 anime, è un centro specializzato nell'allevamento della pecora karakol. La razza karakul è originaria dell'omonima regione del Turkestan. Alcuni studiosi ritengono che sia una delle razze ovine più antiche (sembra che i Babilonesi allevassero pecore di questo tipo già nel XV secolo a.C.).

 Apprezzata per la sua rusticità e resistenza agli ambienti difficili e siccitosi delle aree semidesertiche, la pecora karakol è allevata per la pregiatezza della pelliccia dell'agnello, dal quale si ottengono le famose pellicce di astracan. Per i buongustai, è pregevole la massa di grasso costituita dalla coda. Ricordo ancora con imbarazzo un piatto di grasso fumante servitoci in una yurta del Pamir, che mi aveva rammentato una esperienza simile narrata da El Lawrance in Arabia.

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Sherkala

Tre chilometri ad ovest di Shetpe, una diramazione conduce verso nord. Sulla destra si nota una scarpata indicata dai locali come Aktau (ak Bianco, Tau montagna) mentre a sinistra vi è il lungo rilievo indicato come Karatau (Kar scuro). Alcune guide locali lo chiamano il "cancello delle fate". e si inizia a vedere Sherkala nella forma che ricorda una yurta, un panettone multicolore che svetta in un nulla circondato da montagne creando un paesaggio spettacolare. La pista curva leggermente a sinistra verso la necropoli di Shick Ata (non inclusa nel programma) e da questa prospettiva la montagna assume la forma di un leone accucciato.

Una pista permette di girare attorno alla montagna. Procedendo in senso antiorario, si raggiunge un al belvedere sulla montagna di Sherkala (Sharkala, kazako: Шеркала, Sherqala, شەرقالا) descritta come una "piala" cioè una ciotola (capovolta), una yurta (la tenda dei nomadi centroasiatici), un leone (Sher) (agli appassionati di Kipling ricordo Sher Khan, la tigre) o una Sfinge. La montagna ha ripidi i versanti a sud ed a est e un lato settentrionale più eroso. La descrizione e la prospettiva cambiano a seconda del punto di osservazione. Il nome deriva dal persiano شیرقلعه, che significa "Fortezza del leone" od anche traducibile come il “Leone di roccia”. Lo sperone di roccia calcarea è alto più di trecento metri (307m) che si erge "misteriosamente" dal piatto deserto. Una leggenda narra che da qualche parte gli antichi kazaki abbiano costruito una scala per salire in cima.

Ai piedi settentrionali della montagna, si notano i resti di un caravanserraglio medievale. Una fortezza appartenente a Jochi (Dzhuchi), il figlio maggiore di Genghis Khan, sarebbe in cima e un tunnel può essere usato per accedere alla sommità, ma forse c'è un po' si confusione con le rovine di Kyzylkala.

Secondo la leggenda, la montagna fu assediata dallo sceicco Astsyz di Khoresm  dopo aver conquistato il Mankashlak. Dopo quattro mesi gli aggressori scavarono un tunnel attraverso la montagna fino al pozzo che alimentava la guarnigione, tagliando la loro corda che sollevava i secchi e costringendo i difensori alla resa.

Il monte Sherkala è composto da sedimenti del Cretaceo superiore, lo stadio turoniano, rappresentato da marne sabbiose bianco-grigiastre, grigio-verdastre, marne marroni gessose, con un potente orizzonte di scrittura bianca gessosa che sembra circondare la montagna con una sciarpa bianca. Argille sarmate calcaree del Neogene, stratificate grigie, con intercalari di marne e siltiti, sovrapposte a densi gusci di calcare grigio chiaro armano la superficie della montagna.

Ai piedi e intorno a Sherkala, nei calcari argillosi di colore giallo brunastro con una mescolanza di materiale sabbioso, depositi di sabbia argillosa, si traccia l'orizzonte di concrezioni di sabbia globose giganti - questo è un intero luogo di massi sferici di calcare di varie dimensioni. Insieme a loro ci sono piccoli noduli di fosforite. Questo orizzonte di concrezioni sabbiose è una continuazione dell'orizzonte che si trova nel tratto Torysh.

Ai piedi della formazione di Sherkala c'è un'abbondanza di resti organici: grandi ammonoidi. Anche qui sono stati ritrovati molluschi bivalvi, flora, microfauna, belemniti, denti di squalo, ostriche, briozoi.

Liberamente tradotto da Landscape ecc.

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Moschea sotterranea di Shakpak-Ata

Mausoleo di Yerzhana Khazreta

Il cammino del derviscio

Shopan Ata

Shakpak Ata

Beket Ata

Capitello, entrando a destra

Shakpak Ata (capitello=

Capitello

Tombe esterne

Timur illustra l'architettura.
 
 

Dopo il canyon calcareo di Kapamsay con le drammatiche pareti sporgenti la pista si dirige verso la costa e gli autisti ci porteranno fino ad un moderno edificio a cupola, nei pressi della moschea sotterranea di Shakpak-Ata (Шақпақ ата, Shaqpaq Ata), forse la più impressionante dal punto di vista architettonico delle moschee sotterranee della regione. Con lo stesso nome vi è una moschea in Kazakistan ma molto più ad oriente. Il cimitero (necropoli) si trova a sud della strada principale, mentre a nord c'è il bianco Mausoleo di Mavzoley Yerzhana Khazreta. In primavera, i cespugli di tamerici nella piana creano uno scenario gradevole e qui si trovano numerose selci: shakpak, in kazako, significa infatti selce.

Edificio sommitale

 

 

Shapak-Ata Шакпак-ата scritte

Shakpak Ata esterno

Braccio sud e finestra

Braccio est e stanze di guarigione

Shakpak Ata interno braccio nord

Dal satellite si distingue nettamente la scalinata di accesso

Il Mufti con Carlo Dolce

Fedeli e infedeli ma sempre del Libro

La moschea incompiuta nel canyon Kapamsay, sotto la custodia del Mufti di Shakpak Ata.

Nel web spesso è indicata come Patrimonio dell’UNESCO, ma nessuna delle moschee del Mangystau è inserita nelle liste dei Word Heritage Site sebbene Shakpak sia un sito affascinante che meriterebbe di essere più conosciuto. La moschea è la seconda tappa del pellegrinaggio islamico sufi nella regione. Ovviamente, vicino alla moschea, passiamo accanto ad un cimitero (necropoli di Shakak-Ata o Shaqaq). Le guide cartacee e i siti web inducono ad un po' di confusione fra la necropoli (cimitero), la moschea sotterranea scavata nella falesia, l'edifico che la sovrasta e la moschea a cupola distante circa 400 metri più a oriente.

Questo luogo, costruito in onore di una figura locale di nome Erzhan Haziret, celebre per la sua spiritualità, offre un alloggio di base per i pellegrini che lo visitano. Dormire supini sui tappeti delle varie stanze della moschea, porta benefici, benessere e benedizioni al credente, sia qui che nelle altre moschee. All'interno dell'edificio c'è un museo di una sola stanza, che contiene capi di abbigliamento indossati da Erzhan Haziret e, utilmente, un cartello illustra la planimetrie di Shakpak Ata e altre moschee sotterranee della regione.

Shapak-Ata è un mazār (in arabo: مزار). cioè un mausoleo o un santuario, in genere quello di un santo o di un famoso leader religioso, da qui il nome del più famoso Mazār-i Sharif in Afghanistan. I testi arabi medievali possono anche usare le parole mašhad (il più sacro dei mausolei in iran nella città omonima), maqām o darīh, quest'ultimo termine lo ritroviamo anche in hindi come zarih.

Alla nostra sinistra venendo dal parcheggio, una comoda scalinata si trova la moschea sotterranea, datata tra il 10°e il 13° secolo. La roccia che forma ka parete della falesia ha assunto qui una forma a nido d'ape, a causa dell'erosione del vento. I gradini conducono ad una terrazza con alcuni sepolcri shiraktase. I pellegrini credenti vi accendono un fuoco commemorativo, i pellegrini turisti fotografano le pietre, reminescenza di antichi riti zoroastriani, del resto Zarathustra è nato sulla sponda opposta del Caspio.

Nella grotta di Shakpak gli archeologi hanno rinvenuto tracce di attività dell'età della pietra e del bronzo. Per molto tempo la grotta fu utilizzata dagli adoratori del fuoco, che erano aderenti a una delle religioni più antiche, lo zoroastrismo, che fu portato in questi luoghi dall'Iran. Sorprendentemente, la popolazione di Mangystau ha conservato la sua tradizione di adorare il fuoco, in sincretismo alla tradizione musulmana.

Su uno speciale piccolo altare sulla terrazza prospiciente l'ingresso, chiamato shirak i pellegrini bruciano strisce di tessuto imbevute di grasso di pecora e fanno appello al fuoco con le loro preghiere. Si dice che gli eremiti muovessero le mani come se prendessero le fiamme e schizzassero l'aria calda sulla propria faccia. Gli accoliti locali si definiscono "shirakshy".

C'è un portale ad arco a nicchia, coperto da incisioni di cavalli, impronte di mani e iscrizioni in arabo. Si entra nella moschea attraverso una porta di legno quindi si salgono alcuni gradini sorpassando alcuni antri che conducono a misteriosirecessi.

La leggenda narra che Shakpak Ata fosse nipote di Shopan Ata. Era un derviscio ascetico che trovò rifugio nella grotta con i suoi discepoli in un momento in cui i nemici stavano assalendo la regione, e trascorse gli ultimi anni della sua vita da eremita, senza mai lasciare la grotta.

Si dice anche che gli antichi maestri sufi abbiano dato asilo ai malati nei loro rifugi sotterranei per curarli, e che anche oggi una notte passata in queste grotte in compagnia di spiriti benevoli curerà la maggior parte delle malattie.

Le pareti sono ornate da iscrizioni arabe, colonne scolpite, nicchie consunte in forme strane dagli agenti atmosferici e disegni di cavalli e di mani. Lungo le pareti vi sono anche diverse nicchie funerarie e sotto la moschea si trova una necropoli coeva con oltre 2000 tombe.

La pianta della moschea è a forma di croce. Lo spazio centrale quadrato ha un soffitto a cupola con un foro nella parte superiore per la luce e la ventilazione. La volta a cupola e il foro di areazione potrebbero rammentare una yurta. Secondo la tradizione. un tempo sopra la cupola veniva acceso un fuoco per guidare i pellegrini di notte.

Ad ogni angolo dello spazio c'è una colonna, con graziosi archi uniti tra di loro. Il braccio sud della croce ospita in una nicchia il mihrāb, la nicchia che indica la direzione (qibla) de La Mecca con altre nicchie attorno. Il braccio ad oriente dello spazio centrale è molto più lungo degli altri, con ulteriori nicchie lungo le pareti, probabilmente per i libri. Le pareti della moschea sono ulteriormente animate da piccoli fori nei quali sarebbero state collocate le lampade, da numerose iscrizioni arabe e da disegni incisi di cavalli, capre e impronte di mani.

Alla fine di questo braccio principale c'è un secondo ingresso alla moschea: una rampa di scale conduce sul terrazzo naturale. Una struttura metallica a base quadrata è stata posizionata sopra la sala centrale come protezione. La struttura toglie la bellezza naturale del sito. Vi è poi un edificio accanto al quale, tagliate sulla roccia  calcarea, ci sono due file di coppelle a forma di uovo: questa era una tavola per il togyzkumalak che è tuttora il gioco nazionale da tavolo kazako.

Una descrizione della moschea si trova a pagina 186 del libro di Gianluca Bonora Guide to kazakistan.

 

La parola canyon suscita nel nostro (mio) immaginario le fantasie di  fenditure profondissime come il Grand Canyon scavato dal fiume Colorado in Arizona e, per i più immaginifici, il Gran Burrone, o Rivendell, la Forraspaccata elfica. In realtà come, abbiamo visto, queste fessure che si aprono sulla costa non sono molto profonde ma dopo una notte insonne, l'emozione è pur sempre forte.

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Il confine amministrativo fra il distretto di Tupkaragan e l'adiacente distretto di Mangystau (capitale amministrativa Shetpe) passa da queste parti.

 

Fonti:

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Guide to Kazakhstan: Sites of Faith, Sites of History, (scarica PDF) Gianluca Bonora, Umberto Alemandi & C. 2011.

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A Nation’s Holy Land: Kazakhstan’s Large-Scale National Project to Map Its Sacred Geography
Published online by Cambridge University Press: 2021.

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Asima G. Кoshim, Aigul M. Sergeyeva, Roza T. Bexeitova, Aliya S. Aktymba Landscape of the Mangystau region in Kazakhstan as a geomorphotourism destination: a geographical review. in GeoJournal of Tourism and Geosites

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