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Filmistan

Effetto Tibet

Bosa Nico


Editeur - Casa editrice

Vallecchi

  Asia
Tibet
Ladakh
Himalaya

Anno - Date de Parution

2008

Pagine - Pages

288

Titolo originale

Filmistan. Effetto Tibet

Lingua originale

Lingua - language - langue

italiano

Edizione - Collana

Off the road

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Filmistan. Effetto Tibet
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(Lungo Tevere Testaccio,10 - Roma)

Filmistan. Effetto Tibet

Filmistan Filmistan  

Due amici partono per il Tibet intenzionati a ripercorrere le tappe dell'incredibile viaggio compiuto trecento anni prima dal pistoiese Ippolito Desideri s.J..
I due amici sono Massimo Prevedello e Nico Bosa. Massimo era nato a Crespano nel “63, scomparirà nel lago di Corlo in Valsugana nel 2002. Si era laureato in Storia del Cinema a Cà Foscari con una tesi da 110 e lode su Tonino Guerra e Andrej Tarkovskij ed aveva cominciato a lavorare nel mondo delle immagini. Dalle pendici del Grappa, dove vive e lavora, Nico si è spinto più volte nelle valli himalayane.
Una frase di Desideri, casualmente trovata in un articolo su AnM è la molla che li convince a partire sulle tracce del gesuita: “V'è quivi fuori di strada un monte sterminatamente alto, molto largo di circuito, nella sommità ricoperto dalle nuvole e da perpetue nevi e ghiacci, e nel resto molto orrido e rigido per l'acerbissimo freddo, che in esso fa”.
Casualmente, chi scrive aveva sceltp questa frase per il redazionale del viaggio di AnM
.
La cronaca del viaggio è riportata nel volume di Nico Bosa ''Filmistan. Effetto Tibet'', in libreria per l'editore Vallecchi. Il volume, settimo titolo della collana Off the Road, vincitore nel 2006 del premio Albatros del comune di Palestrina, nella sezione inediti, descrive un lungo itinerario alla ricerca di ciò che è cambiato e ciò che invece è rimasto immutabile nel tempo.
Nico, presente assieme a Sebastiana Gangemi della Vallecchi al convegno di Firenze su Filippo de Filippi, mi ha gentilmente regalato una copia freschissima di stampa mentre assistevamo alla conferenza dell’amico Gualtiero Bargiacchi. Sull’Eurostar (antenato del Freccia rossa)che mi riportava a Brescia ho iniziato a viaggiare a ritroso nel tempo. Ho rivisto la Kathmàndu degli anni 90, il Tibet aperto da poco al turismo, ho rincontrato Navyo e la sua miniagenzia (già comparso in Sotto i cieli del Tibet di Giovanni Zilioli), ho riconosciuto Noor Shangloo in Kashmir preoccupato per l’incolumità dei suoi ospiti e sono tornato sul set di Samsara. Non ero più sul treno, ma immerso in una avventura nel Paese delle Nevi, tra antichi racconti e nuove realtà.
Un viaggio tra misticismo e ribellione, il “messaggio in bottiglia” per una cultura millenaria che rischia di scomparire. Il viaggio di Nico e di Massimo inizia e si trasforma in mille viaggi: su e giù per la catena himalayana. I due cineasti fanno incontri pericolosi e strabilianti, percorrendo a volte la stessa strada dei ribelli kashmiri o di quelli maoisti, imbattendosi in lama ieratici e turiste golose. E si scatena l’Effetto Tibet. Un vento che si mette a scavare nel profondo sovrappone e rimescola le memorie personali e quelle altrui, le fantasie di un viaggio immaginato e i racconti dei molti esploratori che prima hanno visto, provato e raccontato.
Il paese emerge allora dal sogno e avviene lo scontro. Il mistero e l’avventura del passato cedono il passo ai mille volti della realtà odierna: quello dell’occupazione cinese, imposta a ritmi serrati e travolgenti, quello incurante dei turisti, che continuano a offrire le loro sciarpe di seta alle statue del Buddha, e quello dei nomadi pellegrini, giunti da chissà quale solitudine, che osservano intorno perplessi e smarriti. Profonde e coinvolgenti, mistiche e crude, le pagine di Filmistan riescono a superare ogni documento visivo: un racconto che scuote ed emoziona, un invito a percepire e a riflettere. Profonde e coinvolgenti le pagine del volume hanno per me superato ogni documento visivo di queste terre che ben conosco. Il racconto mi ha scosso ed emozionato, sono giunto ad invidiare la capacità espressiva di Nico. Mi sono emozionato. E mentre rivivevo la eclissi di luna alla vigilia del festival di Lamayuru dell’anno 2000, visto con altri occhi e scritto con una penna diversa dalla mia, sono stato avvolto da un silenzio irreale: la carrozza si era svuotata, avevo saltato la stazione di Brescia ed ora il treno terminava la corsa a Bergamo!
Che fatica ritornare a casa dal Tibet di Bosa!