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Il percorso porta nel tardo pomeriggio alla visita di Hattuşa, l'antica capitale ittita e la misteriosa pietra verde. In tarda serata si raggiunge Goreme. Urgup e Uchisar, citati nel redazionale, sono oggi luoghi di passaggio che visiteremo successivamente- .
Avremo
tanto sonno da non
ammirare nulla..È la
stazione di Assassinio sull'Oriente Express.
L'ipotesi di pernottare ad Hattuşa è interessante
ma comporta la riduzione del tempo in Cappadocia.
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Hamet (Attila), la simpatica guida alla uscita della galleria segreta. |
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Leone o leonessa? |
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Porta dei leoni |
Inclusa dall’UNESCO nel Patrimonio dell’Umanità, possiamo godere di una bellissima vista panoramica sulla città di Hattuşa: la capitale ittita si trova nel distretto di Boğazkale nella provincia di Çorum, in un paesaggio tipico della regione montuosa dell'Anatolia centro-settentrionale. Si trova all'estremità meridionale della pianura di Budaközü, su un pendio che si eleva a circa 300 m sopra la valle, ed è diviso dal torrente Kızlarkayası nella città bassa a nord e nella città alta a sud.
"Proseguiamo con il bus per raggiungere Hattuşa Antik Kenti (Ancient Capital of the Hittite Kingdom): tra i rilievi in pietra ritrovati ad Hattuša vi sono anche le rappresentazioni aquile bicipiti, di varie divinità, ma anche di mangiatori di spade e acrobati (arte rupestre).
Il sito è piccolo e il santuario in sé è costituito da due camere, ma si tratta di un esempio unico al mondo si distingue per l'organizzazione urbanistica, le tipologie edilizie conservate (templi, residenze reali, fortificazioni), i ricchi ornamenti della Porta dei Leoni e della Porta Reale, e l'ensemble di arte rupestre a Yazilikaya. La città godette di una notevole influenza in Anatolia e nella Siria settentrionale nel II millennio a.C Inoltre, tra i due siti sono stati ritrovati numerosi resti di grande importanza, tra cui numerose tavolette con incisioni riguardanti l’organizzazione del regno, e persino un trattato di pace (considerato il primo al mondo) siglato con gli egiziani. La maggior parte di questi reperti si trova presso il Museo delle Civiltà Anatoliche di Ankara.
Dalla relazione di
Durante l’Età del Bronzo, il regno ittita si estendeva a ovest fino al Mar Egeo e a sud fino alla Siria, con il centro di comando nella capitale Hattuşa, isolata città di montagna con una popolazione di 15.000 abitanti. Oggi i resti delle mura difensive, con le loro porte cerimoniali e la postierla della galleria segreta, che cingono le rovine sparse nel sito, sono gli elementi più suggestivi e impressionanti. Per fare un giro completo del sito a piedi occorrono circa tre ore (soste comprese).
Questo vasto complesso, risalente al XIV secolo a.C. e distrutto intorno al 1200 a.C., è il sito archeologico più vicino all’ingresso e, tra i templi ittiti in rovina di Hattuşa è quello in miglior stato di conservazione; ciò nonostante vi occorrerà molta fantasia per immaginare com’era nell’antichità. Scendendo lungo l'ampia via processionale sulla sinistra si estendono i quartieri amministrativi del tempio. In quest’area si trova il cubo di nefrite verde dagli spigoli assai smussati, che si è ipotizzato assolvesse a una qualche rilevante funzione nell’ambito della religione ittita. Il tempio principale, a destra, era circondato da depositi che in origine potevano avere tre piani. All’inizio del XX secolo, in questi locali furono ritrovati grandi vasi di argilla e migliaia di tavolette con iscrizioni a caratteri cuneiformi. Osservate la soglia in pietra alla base di alcuni vani d’ingresso e vedrete i fori per i cardini della porta e i segni sulla pietra lasciati dall’aprirsi e chiudersi della porta. Si ritiene che il tempio fosse un altare rituale destinato al culto delle divinità Teshub e Hepatu; oggi è visibile solo il grande piedistallo in pietra di una delle statue a loro dedicate.
Circa 250 m a sud della città bassa e delle rovine del tempio la strada si biforca: prendete la diramazione a destra che risale tortuosa il versante della collina. A sinistra nel centro dell’antica città si vedono parecchie strutture in rovina. Sulla sommità di una roccia, le rovine della Sarı Kale si presume fossero quelle di una fortezza frigia costruita su fondamenta di epoca ittita.
Su un altro sperone roccioso si trovano i resti della Yenıce Kale, che potrebbe essere stata una residenza reale o un piccolo tempio. Si può salire fino in cima dal lato est.
Le statue in pietra di due leoni (una delle quali ricostruita in modo maldestro) presso l’Aslanlı Kapı proteggevano la città dagli spiriti maligni. Questa è una delle sei porte ricavate nelle mura difensive di Hattuşa, risalenti a 4.000 anni fa, e probabilmente non fu mai completata. Da qui si riescono a vedere le parti meglio conservate delle fortificazioni di Hattuşa, che si estendono a sud-est fino alla Yer Kapı e da lì alla Kral Kapı, e guardandole si può cogliere tutta l’abilità del popolo ittita, in grado di adattare le necessità costruttive alla conformazione del terreno: da un lato inglobando gli affioramenti naturali nelle mura, dall’altro realizzando imponenti baluardi per creare roccaforti artificiali.
Nel sito di Hattuşa, questo complesso di
postierle, con un terrapieno artificiale attraversato da una
galleria lunga 70 m, è la rovina più suggestiva.
Gli ittiti realizzarono il tunnel usando un sistema di archi a mensola o ‘falsi archi’, una tipologia di arco che rispetto a quello ‘vero’, inventato successivamente, è costruita con due serie di pietre piatte, inclinate l’una verso l’altra. Seppur primitivo, l’arco della Yer Kapı regge da millenni ed è ancora possibile percorrere il tunnel in pietra come facevano i soldati ittiti per riemergere dalla postierla.
Dopodiché potrete rientrare nella città risalendo una delle scalinate monumentali fino all’ampio spalto in pietra e varcare infine la Porta della Sfinge, così chiamata perché un tempo era vegliata da quattro imponenti sfingi. Di queste una è tutt’oggi qui nella sua posizione originaria, due sono esposte al Museo di Boğazkale e la quarta è andata perduta. Le due riproduzioni delle statue delle sfingi che oggi sorvegliano la porta erano quelle esposte nel Museo di Boğazkale fino al 2011, quando le originali sono state restituite. Dalla Porta della Sfinge si gode di una meravigliosa vista sul quartiere del tempio nella città alta.
La Kral Kapı deve il proprio nome alla figura dall’aspetto regale in bassorilievo, che in realtà rappresenta un dio guerriero ittita custode della città. Il bassorilievo è (ovviamente) una riproduzione, perché l’originale è stato trasferito al Museo delle Civiltà Anatoliche di Ankara per questioni di sicurezza.
A Nişantaş una roccia reca un’iscrizione a caratteri cuneiformi che, seppur poco visibile, narra le gesta di Suppiluliuma II (r. 1215-1200 a.C.), l’ultimo re di questa civiltà.
Di fronte a Nişantaş, un sentiero sale fino agli scavi che hanno portato alla luce la Güney Kale, dove è stata ritrovata una bella sala con geroglifici (e con bassorilievi di figure umane), a cui purtroppo non è consentito l’accesso. Büyük Kale (Fortezza Grande). Anche se gli scavi hanno portato alla luce gran parte della Büyük Kale, molti antichi strati del complesso sono stati di nuovo ricoperti per tutelarli, pertanto è difficile interpretare quanto si vede oggi. La fortezza era sede del palazzo reale e degli archivi di stato ittiti.
Yazılıkaya significa ‘Roccia con Iscrizioni’ e il nome del sito evoca quello che troverete in queste due camere a cielo aperto ricavate da affioramenti rocciosi, a circa 2 km da Hattuşa. La camera più grande, a sinistra, era il santuario più importante del regno ittita, mentre quella più stretta, a destra, ha le incisioni meglio conservate. Insieme formano il più grande santuario rupestre ittita conosciuto, con incisioni così ben conservate che avvertirete in voi il desiderio di essere stati presenti quando furono realizzate. Nella più ampia Camera A, i bassorilievi, che si stanno rapidamente deteriorando, raffigurano una processione di numerose divinità, sia femminili sia maschili (queste ultime si riconoscono per il copricapo a punta). Secondo i canoni tipici dell’arte ittita, le figure sono rappresentate con la testa e i piedi visti di profilo, mentre il busto è raffigurato da una prospettiva frontale. Il seguito di figure maschili e femminili conduce ad alcuni bassorilievi di maggiori dimensioni che mettono in scena un incontro tra divinità. Teshub è in piedi su due montagne deificate (ritratte con fattezze maschili) accanto alla moglie Hepatu, che si trova in piedi sul dorso di una pantera |
Alle spalle della dea sono rappresentati il figlio della coppia e (forse) le due figlie, che sono portate rispettivamente da una pantera più piccola e da un’aquila a due teste. Sulla parete opposta, il bassorilievo maggiore ritrae in piedi su due montagne il fondatore del complesso spirituale, re Tudhaliya IV, riconoscibile dalla barba. Le sporgenze rocciose venivano probabilmente utilizzate per le offerte votive o per i sacrifici, mentre le vasche servivano per le libagioni. Prima di varcare la soglia della Camera B dovreste chiedere il permesso alle due guardie alate con la testa di leone. Si pensa che questa stretta camera fosse la cappella commemorativa dedicata da Suppiluliuma II al padre Tudhaliya IV. Il grande blocco calcareo fungeva forse da piedistallo per la statua raffigurante il re. Sepolte fino a un secolo fa, le incisioni rupestri hanno risentito meno dei danni causati dagli agenti atmosferici rispetto a quelle della Camera A, e rappresentano una processione di 12 dèi degli inferi armati di scimitarra. Sulla parete opposta, c’è il dettagliato bassorilievo del signore degli inferi Nergal, una divinità raffigurata come una spada: le quattro teste di leone poste sull’impugnatura dell’arma (due delle quali rivolte verso la lama, e le altre due rispettivamente a destra e a sinistra) fungono da ginocchia e da spalle della divinità |
Il Parco Nazionale dell’Ala Dağlar (Ala Dağlar Milli Parkı) protegge l’aspro arco centrale dei Monti Tauri compreso tra Kayseri, Niğde e Adana. Il parco è famoso in tutto il paese per gli straordinari itinerari di trekking, che si snodano sui frastagliati monti calcarei e su altopiani punteggiati di laghi. Per gli amanti del birdwatching l’Ala Dağlar è sinonimo dell’elusivo tetraogallo del Caspio, che vive alle alte quote dei Tauri.
I Monti Anti-Tauro (dal greco: Αντίταυρος) o Aladaglar sono una catena montuosa nella Turchia meridionale e orientale, che curva a nord-est dai Monti Tauro.
Con i suoi 3.917 m, il monte Erciyes (turco: Erciyes Dağı) è la vetta più alta non solo della catena ma dell'Anatolia centrale nel suo insieme. È un enorme stratovulcano situato nella parte settentrionale dell'Anti-Toro. L'antico geografo e storico greco Strabone scrisse che ai suoi tempi la vetta non era mai priva di neve e che i pochi alpinisti che la scalavano potevano vedere sia il Mar Nero che il Mediterraneo. Parti dei Monti Anti-Tauro sono protette all'interno del Parco Nazionale Aladağlar.
Ürgüp (greco: Προκόπιο Prokópio, greco cappadoce: Προκόπι Prokópi, turco ottomano: Burgut Kalesi) è sede del distretto di Ürgüp.La sua popolazione è di 24.647 (2022). La città si trova a un'altitudine media di 1.044 m. Come altrove in Cappadocia, il centro di Ürgüp è pieno di vecchie case in pietra raggruppate attorno a una formazione rocciosa centrale, in questo caso Temenni Tepesi (collina di Temenni, collina dei desideri). Ürgüp è entrata presto nel movimento degli hotel boutique e di conseguenza ha un'industria turistica fiorente, in parte perché ha più servizi rispetto ad altre destinazioni della Cappadocia. È una buona base per visitare tutte le principali attrazioni della Cappadocia, tra cui le chiese scavate nella roccia e le città sotterranee. Oltre al turismo, Ürgüp ha una fiorente industria vinicola. Ha anche fornito l'ambientazione per molti episodi della popolare serie televisiva Asmalı Konak, andata in onda dal 2002 al 2004 e a cui è stato attribuito il merito di aver dato il via al turismo interno in Cappadocia. Ürgüp compare brevemente nel diario di viaggio di Philip Glazebrook, A Journey to Kars, quando è costretto a prolungare il suo soggiorno lì a causa del censimento del 1980 che decretò che nessuno poteva andare da nessuna parte e che non era operativo alcun trasporto.
L'occupazione originaria del sito di Prokopi/Ürgüp risale probabilmente all'epoca ittita, anche se oggi non c'è più nulla da mostrare al riguardo. Alcune tombe rimaste da una necropoli servono come prova dell'occupazione romana. Anche dell'occupazione bizantina ci sono solo scarse tracce, principalmente della chiesa di San Procopio, il santo da cui la città prese originariamente il nome.
Ürgüp era conosciuta come Osiana (Assiana) nel periodo bizantino. Ulteriori prove sopravvivono della presenza dei Selçuk qui, soprattutto sotto forma della tomba esagonale Altı Kapılar (Sei porte) di un comandante militare nel centro della città. Una tomba simbolica (1863) in cima alla collina Temenni commemora il leader dei Selçuk Ruknettin Kılıçarslan IV che fu ucciso mentre si trovava a Ürgüp. Nel tardo periodo ottomano Prokopi/Ürgüp ospitava una popolazione mista di turchi e cristiani; secondo il censimento generale ottomano del 1881/82–1893, la kaza di Ürgüp aveva una popolazione totale di 23.030, composta da 19.880 musulmani, 3.134 greci e 16 armeni. Fu durante questo periodo che furono costruite la maggior parte delle grandi case in pietra del centro cittadino, molte delle quali ora convertite in hotel. Alcune di queste case contengono ancora raffinati affreschi secolari che attestano il fatto che furono progettate per i membri delle popolazioni minoritarie. Il Sucuoğlu Konağı (Mansion) è visibile a coloro che sono disposti a curiosare tra le proprietà in rovina: una delle sue pareti è decorata con scene di uno Zeppelin e di una mongolfiera che sorvolano Costantinopoli/Istanbul.
Fu anche nel XIX secolo che fu costruita un'enorme chiesa in onore di San Giovanni il Russo. Fu demolita negli anni '50 e sul suo sito fu costruita una scuola femminile; il suo ricordo sopravvive solo nelle fotografie. Quello che oggi è lo Şehir Hamamı (City Hamam della città) sorge nel quartiere greco che era noto come Gavur Mahallesi (Quartiere degli infedeli). Nel 1924 i greci di Prokopi furono costretti a lasciare la Turchia in base ai termini del Trattato di Losanna. Quando se ne andarono portarono con sé le reliquie di San Giovanni il Russo nella loro nuova casa sull'isola di Eubea in Grecia, dove ora i murales su un muro della chiesa raffigurano il viaggio dalla Capadocia. Altri greci di Prokopi si stabilirono a Larissa in Grecia.
Questi tre camini delle fate sormontati da un cono scuro (chiamati anche ‘le tre bellezze’), che si distinguono nella distesa ondulata appena fuori del villaggio, sono le ben note formazioni rocciose di Ürgüp, soggetti prediletti delle foto al tramonto. Si trovano a 1 km lungo la strada principale, andando verso Ortahisar dalla rotonda in cima a Tevfik Fikret Caddesi. Per vederli da un’angolazione più bassa, imboccate il ripido sentiero che dalla passerella in legno scende nella valle. Esiste anche un sentiero di accesso più facile che parte proprio nei pressi della statale, a circa 20 m lungo la strada dirigendosi verso Ürgüp. Le Tre Bellezze (Uc Guzeller) sono, a quanto si dice, i camini delle fate più famosi della Cappadocia e sono il simbolo di Urgup. Secondo la leggenda, la figlia ribelle di un re sposò un pastore e ebbe un figlio. Suo padre cercò di riprenderla e, quando la famiglia stava scappando dai soldati del re, la principessa pregò che la famiglia si trasformasse in pietre o uccelli. La sua preghiera fu esaudita e la famiglia divenne questi tre camini di pietra, noti anche come "la principessa, suo marito e suo figlio" o "madre, padre e figlio". Dietro questi tre camini ci sono altre due grandi pietre note come "nonna" e "nonno".
C'è un'altra leggenda sulle Tre Bellezze. Si dice che i giganti che vivono in Cappadocia soffiassero fiamme nelle case delle persone per spaventarle. Il sultano se ne rese conto un giorno mentre passava attraverso le Tre Grazie e radunò le fate e portò la neve dalla cima delle montagne. Spense il fuoco con queste nevi e si formò un'amicizia estremamente bella grazie alla bontà delle fate. In questo processo, la figlia del sultano delle fate e il figlio del re si innamorarono. Le persone che non accettarono questo amore tra Gülperi, la figlia del sultano, e Revan, il figlio del re, dichiararono guerra alle fate, ma il sultano delle fate preferì allontanarsi dalla regione. Questa storia è stata accettata come una leggenda che è sopravvissuta fino ai giorni nostri come la leggenda della principessa della Cappadocia.
it.wikipedia.org/wiki/Parco_nazionale_di_Göreme
Sintesi di luoghi e monumenit da Wikipedia, selezionati dalla relazione Elisabetta Lattanzi
Museo delle Civiltà Anatoliche |
Contiene una serie di reperti delle civiltà che si sono susseguite in Al tyle="font-family:Arial">Alcuni pezzi sono veri tesori! Il museo è ospitato nel vecchio deposito del bazar ottomano Mahmut Paşa. |
Hattusa |
Hattusa, capitale dell'impero ittita, è sempre rimasta decentrata rispetto all'antica civiltà ittita, che si sviluppò più a sud. La città fu sempre esposta agli attacchi delle popolazioni che abitavano le montagne più a nord e che non furono mai assoggettate dagli Ittiti, i Kaska, che però non furono la probabile causa del declino avvenuto durante il collasso dell'età del bronzo e l'inizio dell'e; font-weight:400" href="https://it.wikipedia.org/wiki/Anatolia"> Anatolia.La parte più estesa del sito è costituita dalla Città Bassa che si estende a sud per circa 1 km², ed è cinta da mura con porte decorate con rilievi raffiguranti guerrieri, leoni e sfingi. All'esterno delle mura si trova la necropoli, contenente vari sepolcri. Le stime attuali indicano una popolazione tra i 20 000 e i 40 000 abitanti nel periodo d'oro. Le case comuni erano costruite in legno e mattoni di fango, e per questo motivo non restano altre testimonianze che le mura in pietra dei templi e dei palazzi.Con più di 30.000 tavolette cuneiformi riportate alla luce ininterrottamente dall'inizio degli scavi, Hattusa rappresenta il sito dal quale provengono la maggior parte delle nostre conoscenze sulla civiltà ittita oltre che notevoli testimonianze, grazie all'importanza del regno, sulla situazione di tutto il Medio Oriente. Una tavoletta riporta i dettagli del trattato di pace fra Ittiti ed Egizi dopo la battaglia di Qadeš attorno al 1283 a.C., esempio di uno dei primi trattati di pace internazionali.La città venne distrutta intorno al 1200 a.C., alla caduta dell'impero ittita, e il sito fu regolarmente occupato nel corso dei secoli successivi, fino a ll'attuale villaggio turco. |
Yazilikaya |
Importante santuario rupestre situato ad Hattusa in cui sono presenti rune, monoliti, incisioni nella roccia e imponenti portali. Yazilikaya in turco significa “roccia incisa". Suddiviso in due camere principali (A e B), ricavate in alcuni affioramenti rocciosi, l'accesso era consentito da diverse strutture di cui rimangono solo le fondamenta. La camera A è decorata da due lunghe processioni di figure divine che sembrano confluire verso il Dio della Tempesta con una mazza sulla spalla, vestito corto e cappello conico e la dea Hepat dalla corona turrita, ampio e lungo vestito e posta su una pantera. Dietro alla dea, il dio giovinetto Šarruma anche lui posto su una pantera. Seguono due divinità femminili minori, su aquile bicipiti ad ali spiegate. Nella camera B il re Tudḫalijas IV (1250 a. C.) è protetto e abbracciato dal dio Šarruma. Sono poi presenti il Dio Spada e altri 12 dei non ancora identificati in quanto non menzionati in alcun testo ittita. |
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dal 31 luglio 2024